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SE LE PAROLE NON SONO CHIACCHIERE IN REGIONE C’È MOLTA CONFUSIONE

«Teoria gender, secondo gli autori, non è una forzatura, ma è la sintesi degli studi di genere, con una pianificata

«Teoria gender, secondo gli autori, non è una forzatura, ma è la sintesi degli studi di genere, con una pianificata strategia di imposizione di questa dottrina controversa nei piani di studio dagli asili alle scuole di ogni grado. Prevede anche esercizi pratici di mortificazione emotiva e corporale, come il proposito di vestire maschietti da femminucce, ed altre pratiche raccapriccianti». Bene è specificare subito: questa è la frase che, sul sito del Mibact, conclude la breve presentazione del libro “Gender, ascesa e dittatura della teoria che non esiste”. Sì, è vero: quell’ “esercizi pratici di mortificazione emotiva e corporale” che sarebbero propinati a bambini delle scuole di ogni ordine e grado ha un che di estremamente inquietante, sembra addirittura una citazione estrapolata da un qualche antichissimo manoscritto, espressione delle tappe più oscure della nostra civiltà. Ma questo è. Il libro, di cui è orgoglioso coautore il consigliere regionale Aurelio Pace, è stato pubblicato meno di due anni orsono e fa mostra di sé, con il suo indice ben in vista per invogliare improbabili lettori, su siti di e-commerce e siti “specializzati” nell’ossessione del gender. La “teoria gender non esiste”, ma a scuola i maschietti mettano la gonna. Il “genere è liquido”, ma se vuoi “tornare etero” il “genere” diventa “solido”: vai perseguitato. Gli omosessuali non integralisti del gender sono “omofobi”: i bambini si devono vendere. Quando Cenerentola era ariana, pardon lesbica, così vogliono sponsor e poteri forti. La pianificazione e l’aggressione del gender ai bambini di ogni età ed ai docenti. Questi sono solo alcuni dei titoli dei più di venti capitoli che costituiscono il libro. È evidente che non è necessario aggiungere altro per doversi schierare dalla parte del segretario nazionale dell’Arcigay, apprezzando e sottoscrivendo la sua presa di posizione contro la possibile elezione di Aurelio Pace in un ruolo di garanzia quale dovrebbe essere quello del Presidente del Consiglio regionale. “Aveva già dell’incredibile il fatto che un profilo come quello di Aurelio Pace fosse considerato papabile per la presidenza del Consiglio regionale lucano, con maggioranza di centrosinistra – scrive Gabriele Piazzoni nel suo duro comunicato; e aggiunge – l’elezione del consigliere Aurelio Pace alla presidenza è un errore da non commettere, perché rappresenterebbe una legittimazione se non addirittura una promozione della sua azione omofoba e discriminatoria. In tema di uguaglianza e di diritti occorre che la politica dica senza ambiguità da che parte sta”. Ed è soprattutto questa sua domanda che è necessario condividere per capire, noi cittadini prossimi peraltro a nuove elezioni, se è carne o pesce questa nostra rappresentanza istituzionale. È necessario capire e, perché noi capiamo, è necessario che si spieghino bene il Presidente Pittella e tutto il Consiglio. A questo punto non bastano più neppure le uscite impreviste, le fughe dall’aula, il numero legale che viene meno e la politica in stallo nelle catene degli accordi temerari e sconsiderati che null’altro hanno in conto che una logica di spartizione. Sono uomini o caporali questi nostri consiglieri? Hanno o non hanno il coraggio del proprio pensiero e delle proprie azioni? E quello che pensano in teoria, hanno la volontà di metterlo in pratica o la teoria gli serve soltanto per sollazzare l’ego elettorale di qualcuno? Queste sono le domande. A Mario Polese, per esempio. Nella quaranteseiesima seduta consiliare, a luglio di due anni fa, Polese pronunciava frasi forti nel chiedere, con una sua ottima mozione, l’adesione della Regione Basilicata alla rete Readi (Rete nazionale delle amministrazioni pubbliche anti-discriminanzione per orientamento sessuale ed identità di genere). Asseriva “che le persone omosessuali e transessuali sono ancora a forte rischio di discriminazione, laddove perduri una cultura condizionata da stereotipi e pregiudizi”; e controbatteva veementemente alle osservazioni del Consigliere Rosa con queste testuali parole: “È evidente che purtroppo siamo ancora in una fase di grande arretratezza culturale, per cui c’è la necessità di rimarcare una tutela di diritti che sono diritti essenziali”. Sembra legittimo perciò chiedersi se credeva a quello che diceva allora chi oggi, più che della citazione di Ban Ki-moon (“Lasciate che lo dica chiaro e forte: le persone Lgbt hanno gli stessi diritti umani di qualunque altra persona. Anch’esse sono nate libere ed eguali”) sapientemente utilizzata in quella medesima seduta consiliare, subisce il fascino dell’accordicchio che nemmeno serve a garantire le alleanze (dato che espressione dell’alleanza è già Franco Mollica), ma solo meschinamente le aspirazioni di chi alla pancia degli sprovveduti dà in pasto il dolore dei discriminati, contemporaneamente sfamando e stimolando paure oscurantiste. E gli altri 14 su 15 votanti favorevoli di quella mozione dove sono? Cosa dicono oggi ? E il Presidente Pittella ( uno dei fuori per caso durante la votazione sulla famigerata “mozione antigender” dello stesso Pace) si distrae ancora una volta o, in scienza e coscienza, decide di perseguire il suo fine politico, snobbando e ignorando le legittime istanze di chi crede davvero che sia necessario che le Istituzioni democratiche, prima di tutti, rimarchino la tutela dei diritti che siano diritti di tutti perché le persone omosessuali e transessuali sono ancora a forte rischio di discriminazione, laddove perduri una cultura condizionata da stereotipi e pregiudizi? La politica perciò dica apertamente da che parte sta. E se crede davvero che sia in atto una pianificazione dell’aggressione gender ai bambini di ogni età, elegga pure Pace suo Presidente. Suo, appunto. Suo di quel manipolo del Consiglio. La Regione Basilicata, invece, “riconosce la persona come centro di valore, soggetto di diritti e doveri senza distinzione alcuna e considera l’identità personale di ogni individuo come una qualità assoluta, unica e irripetibile… concorre alla tutela dei diritti della persona e opera per superare le discriminazioni legate ad ogni aspetto della condizione umana e sociale … rifiuta ogni forma di violenza e discriminazione, opera per prevenirne e rimuoverne le cause …” (art.5 dello Statuto regionale).

DI ANNA R. G. RIVELLI

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