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BASILICATA POTENZA PRIDE 2017 la voce dei partecipanti

«Sul Pride io la penso diversamente» «Sono Cristina, donna per diritto acquisito. Non si possono vendere le nostre carni per

«Sul Pride io la penso diversamente»
«Sono Cristina, donna per diritto acquisito. Non si possono vendere le nostre carni per la politica dei comitati»
di Redazione Pride Online pubblicato il 9 giugno 2017


«Sul Pride io la penso diversamente»
«Mi chiamo Cristina. Donna per diritto acquisito. Nata uomo e diventata donna.

Commercialista, di professione, semplicemente “la trans” per molti. Io al Pride di Potenza il 3 giugno c’ero, tra tante altre persone anonime, ragazzi più o meno giovani, donne, uomini, madri di famiglia, persone anziane. Persone anziane che mi hanno avvicinata e hanno sfilato al mio fianco senza remore senza vedere in me la minaccia di chi vuole scardinare il sillogismo uomo-donna-famiglia.

Orgogliosamente e dignitosamente

Quella donna di 70 anni che a un certo punto mi ha avvicinata lungo il corteo è la mia vittoria di vita. Lei che stanca mi ha abbracciata dicendomi: “Io sono vecchia, sono stanca e le gambe non ce la fanno, continua tu, e sfila anche per me. Pensa a me, sono Franca, e dedicami questo giorno.

Anche io ero stanca a dire il vero, ma quella frase mi ha ritemprata e sollevata da tutte le fatiche di quel giorno e di tutti i giorni della mia vita, in cui orgogliosamente porto in giro il mio corpo. Orgogliosamente e dignitosamente.

Ero lì e ho vissuto un giorno fatto per la gente, intesa nel senso più ampio del termine. Dove non esistevano gay, lesbiche, bisessuali, transessuali, cisgender, intersessuali. Eravamo tutti coesi. Eravamo…persone.

Un Pride sudato

Mio malgrado, subito dopo, ho assistito allo scempio che si è consumato come sempre on line di fronte a qualcosa di così dolcemente normale quale è stato questo Pride. Venivo da Napoli, ma non sono arrivata insieme ai comitati con tanto di bandiera vichinga ed elmetto corazzato di arroganza che ho visto indossare quel giorno. Sono arrivata silenziosamente, come sempre faccio, per il puro gusto di mettere la faccia in un Pride che sapevo essere più difficile dei mega Pride di Roma e Napoli e di tante altre grandi città. Lo sapevo perché amo la Basilicata, terra stupenda, aria pura, cibo buono, gente dal cuore grande che ancora mantiene intatti quei valori che noi metropolitani abbiamo perso.

Lo sapevo perché sono stata spettatrice di chi, vestendosi di umiltà e tanta voglia di fare, ha iniziato a bussare alle porte di tutti per raccogliere i fondi che servivano per realizzare quello che tutti hanno visto. Lì le cariche politiche non hanno nutrito e comprato voti a suon di centoni. Lì tutto, e dico proprio tutto, è ricaduto sulle spalle di chi ha creduto e voluto questo Pride. Ho apprezzato questo fare e mi sono detta che dovevo esserci.

Loro, come me, hanno scelto di arrivare in punta di piedi senza voler imporre la loro presenza, la propria fisicità né tanto meno le proprie tette! E sì, perché nel 2017 parliamo proprio di tette. Le stesse tette che vediamo in tv e in qualsiasi altro luogo fin dal mattino, insieme all’alba e al caffè. Ma sono solo tette. Neanche ci accorgiamo più di loro.

Le tette delle trans

Esiste tetta e tetta, però. Io sono consapevole che le mie hanno una potenza che neanche quelle di Venus del grande Mazzinga hanno. Le mie tette distruggono e annientano il mio cervello, gli anni passati a studiare e lavorare, pulendo i cessi e lavando i piatti nei ristoranti. Le mie tette, quelle delle donne transessuali, hanno un potere distruttivo che si ritorce contro di noi. Il potere di annientare la nostra intelligenza, la nostra lotta quotidiana che chiede rispetto!

Non sono le tette di tutte le donne. Quelle non fanno più nessun effetto. Le nostre tette sono come la criptonite che annienta anni di lotta per vedere riconosciuto il semplice diritto di respirare. Mi sento mortificata per il solo fatto che qualcuno liberamente abbia deciso che quelle tette dovevano portare il nome di tutte noi transessuali quel giorno.

Non ci sto. Fino ad adesso non ho letto nessun commento di nessuna donna transessuale che abbia appoggiato questo gesto. Nella nostra comunità evitiamo anche di parlarne, tanta è la vergogna. Ho letto della guerra che i vari comitati si sono fatti a suon di comunicati stampa, che brutalmente vogliono parlare anche per me e per le altre donne transessuali.

Il silenzio di Ottavia Voza, responsabile italiana alle politiche trans

Ho letto gli scritti di Laura e nessuno scritto di Ottavia Voza, che più di Laura ha violentato la mia immagine, in quanto responsabile italiana alle politiche trans. Un po’ come quando Mussolini si arrogava il diritto di scegliere il bello o il brutto tempo del popolo italiano. Il tutto perché il Pride di Potenza era scomodo, giacché aveva lanciato precedentemente comunicati stampa in cui si confidava in una sobrietà che non voleva essere una privazione ma un immenso valore aggiunto. Come dire: io ci sono e non ho bisogno di vendere le mie carni perché sono come te e forse meglio di te!

Le parole dell’assessore Falotico, che si rifacevano a una frase detta da Morena Rapolla in una precedente conferenza stampa, hanno fatto il resto: “Non é con le tette al vento che si vincono le battaglie”. Ero presente e ho visto gli occhi di Ottavia Laura e Daniela Lourdes illuminarsi. Si sono guardate complici mentre Laura iniziava a sbottonarsi la camicetta, Daniela inforcava il cartello “orgoglio trans” e Laura un cartellone dove c’era scritto “Alcune ragazze hanno il cazzo. Fatevene una ragione.”

Come si sono svolti i fatti. Un boicottaggio deciso a tavolino

Ho subito capito che quello che si vociferava nell’ambiente delle transessuali napoletane era vero. Era stato deciso, già prima della partenza, che il Pride di Potenza doveva essere smontato pezzo per pezzo perché scomodo. Perché questa nuova visione dell’affermazione delle persone trans andava contro ogni comune pensare. In primo luogo il pensare di chi dice di lottare per i nostri diritti. Durante il corteo la vice presidente di Arcigay Caserta è stata invitata (per usare un eufemismo) da Daniela Lourdes Falanga a spogliarsi. Ed eccole le tette al vento. Ero sotto al carro e Nadia Girardi, che era sul carro, cercando di non dare nell’occhio, cercava di far capire a Daniela Lourdes che la volontà di quel Pride era di manifestare e di mostrare tanti cervelli pensanti e non tette. Ha cercato in tutti i modi, ma si è vista costretta ad imbracciare il microfono e a fare un pubblico proclama.

Anatema! Collusi con i politici! Venduti!

Magari! E dico magari perché Nadia Girardi è andata a bussare alle porte di tutti, racimolando i soldi per questo Pride. Nessun politico si è messo le mani in tasca.

A Potenza, giorni prima del Pride, c’era la preoccupazione di non poter far fronte agli impegni presi perché mancavano i soldi. No, non cera nessun patto politico ma la volontà di bussare alle porte dei potentini chiedendo “permesso” come impone l’educazione. Cera la volontà di far capire alle persone che forse, se non avessimo avuto quei palloncini colorati, neanche ci avrebbero accostato al Pride. Detto fatto. L’attentato al Pride di Potenza era solo iniziato. Daniela Ottavia e Laura si staccano dal corteo e marciano per mettersi davanti al carro e mostrare il loro seno. Sono stata più volte incitata a farlo anche io. Ma ragazzi, a parte che il sole fa male alle tette, ma, poi,il meglio va mostrato a pochi!

Rinforzato l’assioma trans-tetta-lussuriosa-puttana

Vedevo la responsabile nazionale al benessere delle persone trans di Arcigay a tette al vento e speravo in una cecità fulminante per tutti. Mi sono vergognata perché lei non porta il suo nome in queste manifestazioni, ma il nome di tutte le donne transessuali italiane. E le foto? Nessuno le ha viste. Perché le esponenti si sono guardate bene dal pubblicarle nell’universo dei comunicati stampa fatti? Se proprio dobbiamo lottare con le tette, mettiamoci la faccia. Questa foto, che ha rigettato la mia immagine di professionista nell’assioma trans-tetta-lussuriosa-puttana, è uno scempio deciso a tavolino per il puro gusto di creare scompiglio. Mi domando se davvero siano convinte, se davvero pensano di aver arrecato migliorie alla nostra vita. Non credo. In altro modo non avrebbero minacciato chiunque si fosse permesso di mostrare questa foto dove le attiviste si mostrano sorridenti e in posa di fronte all’obiettivo, consapevoli della foto.

Non ci sto a sottomettermi a questo clima di questi comitati, capaci di organizzare teatrini perché tizio o caio stavano diventando troppo visibili. Non ci sto alle minacce. La foto del corpo del reato è giusto che venga vista da tutti e tutti devono soffermarsi a pensare: mi sento rappresentata in questa foto?

L’esposizione esasperata delle tette può solo condannare all’emarginazione delle trans

All’accusa di bigottismo rispondo con una mia foto con le tette al vento mettendoci la faccia! Perché non ho paura io di metterci la faccia. Il danno non lo fanno un paio di tette, ma la prepotenza dell’imposizione. Vorrei che tutti i leoni da tastiera che hanno sostenuto queste tette, come un reggiseno contenitivo, ai prossimi Pride venissero con i “gioielli di famiglia” al vento. Vorrei che Laura, Ottavia e Daniela mostrassero il seno al Pride delle proprie città, perché convinte che quel seno renda libere. Io ci metto il mio con tanto di faccia. Consapevole che una esposizione esasperata delle mie tette può solo condannarmi all’emarginazione. Domani dopo tutto questo dire qualcuno farà lo stesso? Vedremo peni e tette di appartenenti ai comitati sfilare nei Pride da loro organizzati? Io ci sono e voi?».

Domenico Leccese

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