BUBBICO CAUSO’ DANNO ERARIALE ALLA REGIONE
La condanna è definitiva. Dopo oltre dieci anni la Cassazione mette la parola fine alla vicenda che vedeva imputato il
La condanna è definitiva. Dopo oltre dieci anni la Cassazione mette la parola fine alla vicenda che vedeva imputato il vice ministro degli Interni, Filippo Bubbico, per danno erariale quando era presidente del Consiglio regionale di Basilicata. E’ stata, infatti, depositata mercoledì la sentenza delle Sezioni Unite che lo ha definitivamente condannato. Bubbico era ricorso agli ermellini per impugnare la sentenza della Corte dei Conti che lo aveva già condannato nel 2015, (come diede notizia in esclusiva Radio Potenza Centrale), al risarcimento del danno nei confronti della Regione. All’origine della condanna, una delibera dell’ufficio di presidenza del 2005 con la quale veniva affidato all’avvocato Paolo Albano un incarico di consulenza “esterna” finalizzata alla redazione di un progetto di ristrutturazione del Consiglio Regionale, nonché il sistema di graduazione della Dirigenza e delle posizioni organizzative, al costo di 23mila e 800 euro. Ma ciò non è stato ritenuto corretto dalla Corte dei Conti, come confermato dalla Cassazione: «L’incarico esterno conferito in spregio ai presupposti di legge, ed in particolare quando il compito esternalizzato poteva essere svolto dal personale in servizio, non può sortire alcuna utilità e l’intero esborso costituisce danno per l’Amministrazione».
L’avvocato Gennaro Terracciano, difensore di Bubbico, nel ricorso in Cassazione aveva eccepito non tanto una questione di merito, ma un vizio circa la giurisdizione. In sostanza, secondo la difesa, trattandosi di un atto politico, nessun giudice avrebbe avuto il potere di giudicare la scelta dell’allora presidente del Consiglio, in quanto la delibera incriminata, la n. 248 del 2005, secondo la difesa, rientrava nell’esercizio della funzione di autorganizzazione interna del consiglio regionale, coperta dall’immunità. Eccezione respinta al mittente dalla Cassazione che, nel confermare la condanna, ha dichiarato inammissibile il ricorso. Così come già la Corte dei Conti aveva sentenziato ignorando le doglianze di Bubbico su questo tema.
Il fascicolo, a Potenza, non è stato aperto solo a carico di Bubbico, ma anche di Rosa Mastrosimone, Egidio Digilio, Giacomo Nardiello e Antonio Flovilla, tutti facenti parte dell’Ufficio di presidenza. Insieme a loro quell’atto amministrativo, risalente appunto al 2005 fu contestato anche al Dirigente generale Ricciardi per aver «partecipato attivamente alla vicenda attraverso la istruttoria e la proposta di deliberazione». Per la Corte dei Conti il danno economico procurato, 23mila euro, andava diviso in parti uguali, circa 4 mila e 500 euro pro capite. Entrando nel merito della vicenda sono vari i motivi per i quali il giudizio è stato avverso ai soggetti interessati. Prioritariamente l’affidamento di incarichi siffatti, in assenza dei presupposti, costituisce un illecito disciplinare e conseguentemente determina responsabilità erariale. Se non è necessario spendere dei soldi, ma lo si fa, chi è responsabile della spesa deve risarcire. Il procuratore regionale contabile, Michele Oricchio, definì «inutile» quella consulenza. Perché, come sostenne l’accusa, la Regione aveva, in organico, sufficiente personale tra cui scegliere chi avrebbe potuto svolgere la mansione affidata ad Albano. L’atto dell’esternalizzazione dell’incarico venne dai giudici bocciato completamente. Per esempio fu definito sorretto «da motivazione meramente tautologica ed apparente». Il comportamento di Bubbico, poi, è stato giudicato «connotato da inescusabile negligenza». Così come non sortì effetto il fatto che la difesa di Bubbico aveva evidenziato che una ricognizione sulla possibilità di provvedere con risorse interne era stata svolta, circa un mese prima dell’approvazione della delibera. Ma per il Tribunale i tempi e i modi che hanno caratterizzato quel tentativo «non integrano certamente un serio accertamento dell’impossibilità di provvedere con personale interno» cosa che è stata considerata come indice di «seri dubbi sulla effettiva volontà di svolgere una seria ricognizione della possibilità di provvedere con personale interno».
Ferdinando Moliterni