Lo scenario che stanno dipingendo, per il dopo referendum, giornali di regime, parte del PD, Presidenza della Repubblica e l’Europa che ci comanda, sembra più un atto di intimidazione per ottenere la vittoria del sì, che mere ipotesi politiche. Addirittura c’è chi dice che la manovra di bilancio necessiterebbe di una correzione di 5 miliarducoli, ma che, con la vittoria del sì sarebbe possibile uno sconto, ovvero anche con la vittoria del No, purchè al governo ci rimanga Renzi o un omologo, tipo Padoan, cioè un personaggio che risulti gradito all’Europa.Quindi, se un tanto corrisponde a verità, Renzi, nonostante provi a convincerci che non teme l’Europa, e che anzi è disposto a sfidarla a duello, se rimane uomo di fiducia del mondo bancario-europeo, vuol dire che è tutta una finta, ad uso e consumo della nostra ingenuità.Il timore è che il sistema bancario italiano crolli; e ad avvisarci è un’altra testata inglese dopo che l’Economist aveva accordato il lasciapassare al No.Un gioco delle parti che nasconde interessi che gli italiani neanche conoscono per linee generali. Quindi meglio attenersi al merito della proposta di riforma referendaria. Così almeno avremo la coscienza a posto. Il Colle annuncia l’ovvio, dicendo che il referendum non è una consultazione politica, ma dato che invece lo è in pieno, si premura di far sapere che sarà il Presidente silente a decidere la fine dell’attuale legislatura. In un discorso di ieri l’altro, Mattarella ci ha tenuto a far sapere che il suo silenzio non è causa del non saper che dire o della troppa timidezza, solo preferisce il garbo, la persuasione sussurrata, il suggerimento amorevole. Il suo ruolo, ha spiegato, è quello di un arbitro che, se la partita scorre regolarmente, non lo si vede né lo si sente. Quindi, utilizzando le nozioni basilari della logica più semplice, se non lo sentiamo è perché il gioco si svolge regolarmente. Roba da non credere. Si stanno azzuffando in tutte le maniere e il gioco scorre regolarmente. Ma ha anche precisato che, appunto, se il gioco si fa duro, lui preferisce fare il pompiere, non alzare cartellini, gialli o rossi che siano, ma invitare col sorriso il Benetti di turno ad evitare entrate spigolose e a usare il galateo sportivo. Magari a un Benetti che se ne freghi dell’appassionato suggerimento, un cartellino glielo si potrebbe pure mostrare, ma Mattarella no. Lui usa diversamente. Lui convince. Finora la sua opera di convincimento, quantomeno a metodi di campagna elettorale più cristiani è fallita miseramente, ma lui ci crede e vedrete che alla fine vincerà il bene contro il male. Un Mattarella, però, che si sveglia a sei giorni dal voto per annunciarci che decide lui cosa accadrà all’Italia lunedì prossimo è un po’ come un Giudice che nel ritirarsi per deliberare ricordi a tutti che la sentenza la farà lui: l’ovvio elevato a coraggiosa decisione strategica politica. Che tempi. Ma, piuttosto, cosa farà Mattarella? Sicuri che deciderà solo lui, o non sarà più probabilmente una decisione collegiale adottata in video conferenza da i Napolitano’s boys, gli esecutori renziani, da un lato e l’Europa che pensa alle Banche, dall’altro? La minaccia è chiara: lo spread sale, le borse tremano. E tanto piacere, mai a dire che gli italiani hanno sempre più fame e che non sopportano il peso di una fiscalità eccessiva oltre a scelte scellerate per tutto il resto. Ma da oggi a sabato le intimidazioni saliranno sempre più di livello, vedrete. Non hanno funzionato i fucili, ora si passa alla bomba atomica mediatica, il terrore comparirà sulle prime pagine, salvo svegliarci lunedì con le stesse medesime identiche ansie del giorno prima, senza che nulla sia significativamente cambiato, salvo il fatto che Renzi e chi lo sostiene, qui come all’estero, potrebbero dover solo cambiare strategia e, magari, aggiungere un alleato in più al tavolo del potere. Una briciola di potere in meno per ognuno, ma un potere che si consolida. Ma io vorrei votare! E che cappero conti tu?
