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SALVINI CANCELLA LA BASILICATA

Nell’esercito dei 32, l’amara sorpresa: neanche un lucano nella nuova segreteria politica nazionale della Lega

Lega di Basilicata: il nulla intervallato dal niente. La certificazione in carta bollata, reca in calce la firma proprio del leader nazionale del partito, Matteo Salvini. Nella nuova segreteria politica della Lega, non c’è un lucano uno. Nello scendere dal Nord al Sud per selezionare i neo vessilliferi, i primi nomi scelti sono quelli dei governatori Fontana (Lombardia), Fedriga (Friuli Venezia Giulia), Zaia (Veneto) e Tesei (Umbria), Salvini non ha ignorato il Sud, ammesso nella “cerchia” persino l’assessore del Comune di Catania, Cantarella: ha deliberatamente trascurato e tralasciato la Basilicata. Niente di più, niente di meno.

A dispetto delle attese, la lista dei “ministri” del “governo” Salvini è molto più corposa di quanto gli stessi leghisti si attendevano: ben 34 i selezionati. Eppure neanche la matematica è servita a far cambiare idea a Salvini: in Basilicata, il Carroccio ha poco o nulla di politico, è alla stregua di un franchising. L’affiliazione di un emaciato manipolo di eletto ad un marchio già affermato o quantomeno che lo era circa 2 anni fa. Al pari del calcolo numerico, neppure l’esaltazione delle innovazioni organizzative hanno sortito per i lucani, effetti positivi.

Novità esclusiva, i «referenti locali», e, pertanto, i sindaci. E infatti nella nuova segreteria politica ci sono primi cittadini quali Conte (Treviso), Chiuduno (Bergamo), Canelli (Novara), Fabbri (Ferrara), Tedesco (Civitavecchia), Conti (Pisa). Con un colpo di spugna, Salvini ha cancellato i tre storici risultati, sul fronte Lega, della Basilicata: il primo senatore lucano, Pepe, il primo sindaco di un capoluogo di regione del Sud, Guarente a Potenza, e, infine, il trionfo elettorale alle ultime regionali con il doppiaggio, in termini percentuali, di Forza Italia. Va bene che il governatore non è leghista, ma il Carroccio ha pur sempre il vice presidente di Giunta, l’assessore Fanelli. Ed è proprio questo il problema. Salvini ha preferito anche degli sconfitti, ma valutati come capaci di supportare il partito nell’ennesima operazione di rilancio, a degli eletti, ma senza caratura. È stata premiata finanche Susanna Ceccardi che ha perso le ultime regionali in Toscana, con l’aggravante di aver perduto voti persino nella “sua” Cascina, oltre 45mila abitanti, in provincia di Pisa. Ceccardi si occuperà del Centro Italia. Pepe, Fanelli e gli altri, invece, come prima: del loro orticello.

A sentire i rappresentanti eletti locali, un posto in quello o quell’altro ruolo, lo avrebbero meritato. Ma, forse, non è così. Se, invece, corrispondesse al vero la delusione dei lucani, allora la colpa sarebbe del Commissario regionale della Lega, il pugliese Roberto Marti. Già solo l’accenno di accostamento, a livello ipotetico, sembra minare alle fondamenta l’ipotesi. Concepire un qualsiasi “nostrano” accanto o addirittura al posto, per fare qualche esempio, di Bagnai al settore economia, o di Bongiorno al settore Giustizia, taglia nell’immediato le ali a voli pindarici di un lucano nella segreteria politica nazionale della Lega.

Dato che i leghisti lucani non riescono a farsi valere in Basilicata, numero eletti e voti a sostegno, neppure con Forza Italia, cosa mai avrebbero potuto pretendere è elemento ignoto. Eppure qualcuno ci ha creduto. Per i leghisti lucani, non è andata poi così male con l’esclusione totale di tutti in base all’applicazione da parte di Salvini del metodo del sergente maggiore Hartman, «qui vige l’uguaglianza, non conta niente nessuno». La promozione avrebbe apportato nuova potenza alla tempesta partitica lucana che vede la nave della Lega già in bonaccia ormai da tempo. La promozione di uno solo, avrebbe amplificato profondamente le crepe, segnato definitivamente certe inadeguatezze e marcato inevitabilmente determinate contraddizioni. Meglio il nulla intervallato dal niente: tutti perdenti e contenti.

Ferdinando Moliterni

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