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SABATO:«NON SIAMO PIÙ DISPOSTI A SUBIRE»

Il Sindaco: «il nostro è un grido di aiuto, frazione senza medico e orari ridotti all’Ufficio igiene e sanità»


«Ormai è un dato di fatto, gli Enti Locali ed a maggior ragione i Comuni delle aree interne, sono sempre più emarginati» ad asserirlo è il Sindaco del Comune di Bella, Leonardo Sabato, che scrive in merito all’«assenza di medici di famiglia nella frazione di San Cataldo». Destinatari della missiva l’Assessore Leone, il dottor Esposito, il dottor Bochicchio e la dottoressa Motola dell’Asp Basilicata.

«Da diversi mesi l’assenza di medici di famiglia sta interessando la quasi totalità delle persone residenti nella frazione di San Cataldo che, di fatto, sono state catapultate nel gravissimo disagio –tuona il sindaco- l’unico studio medico presente nella popolosa frazione, e di cui è titolare la dottoressa Rosa di Avigliano, dista oltre 20 km da Bella centro e se prima dell’emergenza Covid  era aperto tre giorni a settimana, con l’emergenza sanitaria è rimasto chiuso in maniera permanente, costringendo gli assistiti a recarsi presso lo studio medico di Avigliano con tutti i disagi del caso» incalza Sabato.

La missiva del primo cittadino prosegue: «in mancanza di una guardia medica, il medico di famiglia della nostra frazione, come in tanti piccoli centri, è una figura importantissima, la sua assenza nella comunità comporta una lesione del diritto alla salute come diritto fondamentale dell’individuo costituzionalmente garantito. In questa situazione i residenti della frazione si sentono abbandonati e spaventati.  Bisogna risolvere questo grave problema per una popolazione costituita per la maggior parte da pazienti e anziani bisognosi di cure e assistenza giornaliera, spesso con difficoltà di deambulazione, costretti a recarsi in ambulatori di altri comuni o presso strutture sanitarie distrettuali, e costretti anche a comprare medicine indispensabili e necessarie, a prezzo pieno».

La situazione in cui versa la questione di San Cataldo è aggravata dal fatto che «la capienza dei medici titolari sul territorio non riuscirebbe comunque a contenere il numero totale dei pazienti, quindi la necessità di rendere operativo il medico sostituito risulta ancora più impellente. Ulteriori ritardi porteranno alla mobilitazione della popolazione sancataldese e non solo, perciò è auspicabile che l’ASP di Basilicata provveda al più presto e senza ulteriori ritardi, a conferire l’incarico di medico di base da inserire a San Cataldo. Un quadro ancora più allarmante se si pensa che tanti anziani saranno impossibilitati ad effettuare le vaccinazioni antinfluenzali non potendo contare sul servizio di igiene e sanità pubblica presente sul territorio. Questa missiva è un vero e proprio grido di aiuto che spero non resti inascoltato»

Ma non è tutto, perché il primo cittadino si trova costretto a scrivere all’Assessore Leone, al direttore Esposito e al dottor D’Elisa dell’Asp Basilicata riguardo alla «riduzione dell’orario di apertura al pubblico dell’ufficio di igiene e sanità pubblica, provocando un disagio gravissimo».  

Su questo fronte Sabato, con tono amaro denuncia: «da un lato, con la SNAI, stiamo cercando di costruire le basi per un miglioramento della qualità della vita delle nostre comunità, dall’altro assistiamo ad un continuo smantellamento di servizi primari e fondamentali a beneficio dei nostri concittadini. In questo caso parliamo di salute e sanità pubblica, o meglio di malasanità. In un contesto sociale già di per sé molto complicato come quello che stiamo vivendo, le sorprese non mancano-  afferma il sindaco -in questi giorni infatti, abbiamo appreso con molto stupore che l’Asp Basilicata servizio di Igiene e sanità pubblica, senza nessuna comunicazione ufficiale né tantomeno una telefonata al sindaco, quale autorità sanitaria locale, ha disposto una significativa riduzione degli orari di apertura al pubblico comportando una lesione del diritto alla salute come diritto fondamentale dell’individuo costituzionalmente garantito». Una situazione davvero complicata, che Sabato definisce senza mezzi termini «una mannaia che colpisce i nostri cittadini residenti e soprattutto le fasce più deboli della comunità. Non siamo più disposti a subire».

 

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