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EMISSIONI COVA, L’ENI RIBALTA L’ACCUSA: «ZERO OMISSIONI»

Petrolgate: al centro della seconda tappa dell’arringa in stile maratona, le “fiaccolate” e gli sforamenti: lunedì dal Cane a 6 zampe, il colpo finale

POTENZA. Petrolgate: dai tecnicismi inerenti ai reflui, ovvero ai rifiuti petroliferi, prodotti dal Cova di Viggiano in concomitanza con l’attività di estrazione di greggio dal sottosuolo lucano, la seconda tappa dell’arringa del collegio difensivo dell’Eni è consistita nello sviscerare il capitolo d’inchiesta corrispondente al tema delle emissioni in atmosfera. Nel merito, il Cane a 6 zampe ha imperniato le proprie contestazioni all’impianto accusatorio su un pilastro fondante: la piena validità dell’efficienza dei controlli. La parola chiave di quanto sostenuto in aula al Tribunale di Potenza, riunito in collegio presieduto da Baglioni, corrisponde all’acronimo Smce: sistemi di monitoraggio in continuo delle emissioni in atmosfera. Il sistema Smce, è stato spiegato, consentiva di monitorare minuto per minuto tutti i diversi parametri relativi a ciascun camino del Centro Oli Cova. Di conseguenza, l’impianto era costantemente “sorvegliato” al fine di individuare eventuali anomalie tra quanto registrato dalle centraline con i valori limite di emissione previsti dall’Autorizzazione integrale ambientale così come redatta nel 2011. Sottolineato anche il dettaglio per cui, i valori soglia applicati all’Eni in Basilicata risultavano maggiormente stringenti se confrontati con le tabelle della normativa nazionale.

Per l’accusa, invece, in relazione al camino E20, “Termodistruttore impianto zolfo”, vi era una «incapacità» a garantire la continuità del rispetto dei valori limiti di emissione. Di qui i « continui sforamenti » e «le ripetute “fiaccolate”, con le contestuali «omissioni», annotate dagli inquirenti nel periodo tra l’aprile del 2013 e il settembre del 2015. Il collegio difensivo dell’Eni, però, ha puntato direttamente al centro del teorema accusatorio. Se non zero sforamenti, certamente, è stato rimarcato in aula, zero omissioni e massima trasparenza. Per la multinazionale petrolifera i dati registrati dal Smce, non sono mai stati oggetto di alcuna alterazione. Per questo e altri motivi, i superamenti registrati venivano dal controllato Eni, correttamente comunicati agli Enti competenti, i controllori. L’Eni elencando gli atti documentali, nonchè i report mensili e annuali, ha inteso anche dimostrare il rispetto della tempastica. Sia in riferimento alle ormai note “entro le 8 ore” di apertura, come tecnicamente definita, dell’evento eche in relazione alla successiva comunicazione di chiusura. Sulle emissioni, l’accusa ha contestato il «combinare il contenuto di alcuni dati tecnici » per «farli risultare favorevoli ad Eni» al fine di «alterare » o «celare», la causa dello sforamento dei parametri, Per il Cane a 6 zampe, al contrario, non colgono nel segno le ragioni sulla scorta delle quali le ragioni tecniche degli sforamenti emissivi, così come indicate nelle comunicazioni, fossero non corrette così come emergerebbe dal vaglio analitico dei dati registrati e conservati presso il Cova, ma non analizzati dai consulenti della Procura. L’ultimo affondo, l’Eni lo ha riservato all’argomento temporalità usato dall’accusa per rinforzare l’impianto accusatorio.

Riguardo al camino E20, per esempio, proprio la «elevata frequenza di superamenti», è stata considerata dai consulenti del Pm come indicativa del fatto che l’assetto impiantistico e i sistemi di controllo per quel punto di emissione non fossero in grado di assicurare con stabilità il rispetto dei limiti. L’Eni in aula ha completamente inteso ribaltare la tesi dando “voce” alla matematica. Per le annualità oggetto di indagine da parte della Procura di Potenza, il Cova è stato in conformità emissiva, come hanno spiegato i legali, per ben oltre il 99% del tempo. Così come sulle fiaccolate, l’attivazione della torcia, il sistema di sicurezza del Cova, sarebbe avvenuta con frequenza di molto inferiore rispetto a quanto previsto dalle linee guida di carattere internazionale. Tra tempestività e temporalità si è consumata la seconda tappa dell’arringa Eni in stile maratona. Lo scorso luglio, al termine della propria requisitoria, il Pm ha chiesto oltre 114 anni di reclusione divisi tra 35 dei 37 imputati, nonchè sanzioni per quasi 2milioni e mezzo di euro a 10 società, e la confisca di una cifra da stabilire, tra i 50 e i 150 milioni di euro. La prossima udienza tra meno di una settimana: lunedì sarà ancora il turno dell’Eni.

Ferdinando Moliterni

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