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CICALA AVEVA I REQUISITI PER INCASSARE IL BONUS?

Continua il caso di Viggiano. Emerge ora un nuovo dubbio su come andava conteggiato, per il reddito, lo stipendio da sindaco

C’è un giallo nel giallo sulla triste vicenda dei fratelli leghisti Cicala e il bonus covid che il sindaco Amedeo ha bandito e si è auto assegnato, a lui e a tutta la sua cerchia familiare, compresa una delle società di proprietà anche del fratello Carmine, presidente del Consiglio regionale. Da più parti, infatti, si levano voci circa il fatto che la forzatura sia stata così caparbia che addirittura lo stesso Amedeo, pur essendo come sindaco colui che ha presieduto la Giunta che ha approvato i requisiti, comunque non li avesse. Tra i requisiti, infatti, oltre a non dover aver superato la stratosferica cifra di 70.000 euro di reddito annuo come partita iva (circa 6.000 euro al mese, altro che povertà), vi era anche quello di buon senso (sfuggito?) che il percettore comunque non doveva avere avuto nel 2018 un reddito da lavoro dipendente e/o assimilato che superasse i 18.000 euro annui. Spulciando però tra le carte del Comune valligiano spunta una delibera di Giunta, precisante la numero 00119/2019 del 20/06/2019 nella quale si statuisce che il compenso del sindaco Cicala e’ fissato in 2.169,12 euro al mese, ridotto del 10% (come disposto dalla finanziaria del 2006) e quindi per un totale mensile di 1.952,21 euro. Orbene: 1.952,21 per 12 mensilità fa 23.426,52 euro. Molto più (circa il 40%) dei 18.000,00 euro massimo di cui ai requisiti previsti dal bando emanato dallo stesso sindaco/percettore.

Ci potrebbero essere molteplici spiegazioni al fatto che, nonostante Cicala superi i 18.000 € annui di reddito per lavoro dipendente e/o assimilato, abbia comunque potuto auto-assegnarsi il bonus. Il primo è che la delibera sull’emolumento da sindaco (vedi foto in pagina) è del 2019, quindi si può immaginare che il reddito 2018 fosse differente. Anche se di contro va considerato che il Tuel è abbastanza chiaro: fa sempre fede il numero di abitanti per la determinazione dell’indennità di carica. È improbabile quindi che nel 2018 sia stato così basso da non superare la soglia dei 18.000 €. Un’altra ipotesi potrebbe essere che l’avvocato, perché oltre che sindaco e imprenditore Amedeo è anche giurista, abbia interpretato restrittivamente (a proprio vantaggio) la norma. E cioè volutamente non considerando reddito assimilabile al lavoro dipendente, l’indennità sindacale. In ultimo, visto che i requisiti li ha deliberati lui, c’è anche l’ipotesi di una semplice svista sia della Giunta, sia dell’altro parente, cioè colui che per il Comune ha poi liquidato fisicamente il contributo. Lungi da noi dunque ergersi a giudice da un punto di vista legale. Ma da un punto di vista etico e morale la vicenda fa ancor di più rabbrividire. Perché all’inopportunità che il sindaco bandisca e assegni a sé stesso (e ai suoi parenti) il contributo, senza sentire il dovere di astenersi, si aggiunge anche la sfumatura di come dover intendere il reddito per l’attività da sindaco. Insomma Amedeo il bonus l’ha voluto a tutti i costi. Lo ha fatto con inusitata pervicacia, andando anche a insinuarsi nelle maglie delle interpretazioni o del gioco semantico reddito 2018 versus reddito 2019. Il sindaco, insomma, ha voluto prendere a tutti costi questo contributo, anche se con requisiti borderline o da interpretazione quantomeno della Corte dei Conti.

Insistono a livello nazionale i Cinquestelle che dopo aver parlamentarizzato il caso, con l’intervento del senatore Lomuti in Aula, a cui ha poi fatto ecco anche un lungo intervento online del PD, sempre nazionale, a tornare sui fatti e’ ancora una volta il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. “Un centrodestra sempre più gaglioffo” – hanno tuonato – rincarando poi la dose: “Complimenti per la faccia tosta del sindaco leghista di Viggiano, dell’assessore al bilancio e del capogruppo di maggioranza: per tutti arrivano 3 mila euro di bonus! Come? Il 12 maggio il sindaco della Lega si è creato un bonus ad hoc e ha approvato un bando a sostegno delle Partita Iva dove risultano tra i beneficiari se stesso, un suo assessore, il suo capogruppo in consiglio comunale, il fratello architetto, la società CGA società al 50% in capo al sindaco, la società Lucania costruzioni di cui un 15% è riconducibile al sindaco e un altro 15% ad un altro terzo fratello, attuale Presidente del Consiglio regionale, sempre della Lega, tutto questo con una determina di liquidazione firmata dal responsabile di area finanziaria, zio del Sindaco stesso. Dentro c’è anche il cognato del sindaco con una Partita Iva per rivendita di automobili”. I pentastellati ricostruendo poi la vicenda hanno spiegato: “Ora, il bando prevedeva l’assegnazione di un bonus 3mila euro a Partita Iva, un bell’aiuto rispetto agli aiuti nazionali ma con una differenza, che il bonus nazionale prevedeva lo scaglione del reddito inferiore a 35mila euro, quello del sindaco di Viggiano arriva a 70mila euro. Cioè per la giunta di Viggiano, se guadagni 6mila euro al mese hai bisogno di aiuti”. Hanno poi ricordato a Cicala: “Il sindaco si autoassolve sulla legittimità della sua operazione ma vogliamo ricordare che stiamo parlando di soldi provenienti dalle royalties petrolifere, istituite per legge e per altri scopi. Senza parlare poi di ciò che è etico. Perché sul fatto che tutto questo non sia etico, non abbiamo dubbi. La Basilicata non merita davvero tutto questo”. La nota si conclude poi con un Ps: “Leggiamo che anche due assessori della giunta leghista del comune di Potenza avrebbero ottenuto i 600 euro, nonostante ricevano un’indennità mensile di circa 2500 euro al mese (a cui bisogna anche aggiungere i ricavi per la loro professione a Partita Iva)”.

 

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