BlogLettere Lucane

ECCO PERCHÉ HA SENSO DEFINIRMI “SCRITTORE LUCANO”

Lettere lucane


Molti scrittori lucani parlano poco di storia e realtà lucana perché temono, parlando della loro terra, di essere declassati al rango di scrittori locali. Molta letteratura italiana invece, proprio perché vuole essere volontaristicamente universale, è semplicemente astratta, non traendo forza da una terra particolare, da espressività e umori che sono solo di quel luogo. La lingua letteraria si è molto impoverita anche per questa vergogna delle cadenze e dei suoni della provincia, tanto che l’italiano usato dagli scrittori di oggi è un italiano medio, standard, scolastico – estremamente impoverito. Ho studiato la storia della letteratura lucana sui testi di Nigro, Caserta, Vitelli e sulle antologie di Capoluongo e Catalano, ma mai come ripiegamento identitario o con spirito tribale, ma sempre con l’esigenza di capire il concreto paesaggio storico e culturale nel quale sono cresciuto, magari per mettere meglio a fuoco me stesso. Studiare la storia lucana – non solo letteraria – non significa non contaminare questo primo cerchio identitario con nuove esperienze del mondo, ma essere consapevoli che a furia di annacquare il vino forte della propria terra si finisce col far bere un vino che non ubriaca più. Perché la vera conoscenza è sprofondamento, variazione su tema. Altrimenti ci si riduce come quelli che in città predicano l’amore universale e poi non dicono nemmeno “buongiorno” al vicino di casa. L’importante è che questo sprofondamento in una terra particolare non diventi mai un cerchio chiuso, un compiacimento autoreferenziale. Ecco perché lo scrittore provinciale – tutti i grandi scrittori che ho amato sono provinciali – è sempre con un piede fuori dalla sua terra, e vi aderisce solo in parte, dovendosi confrontare dialetticamente con il resto del mondo e con le grandi questioni della storia, del presente e della lingua.


diconsoli@lecronache.info

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