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CICALA É SCADUTO: LO DICE IL REGOLAMENTO DEL CONSIGLIO

Ufficio di presidenza: senza l’adeguamento, dopo un anno decade. Lo Statuto è senza equivoci. Superficialità o malizia: l’ha tenuto nascosto per le nomine “viggianesi”?

ENRICO VIII CADDE DA CAVALLO, RE CARMINE DA CAVILLO Quasi come Enrico VIII, se non per il dettaglio che il primo cadde da cavallo, il secondo, “Re” Carmine, cadde da cavillo. Carmine Cicala: da perito elettronico e venditore di ceramiche per bagni a “Re” presidente del Consiglio regionale e poi “Imperatore” col trattenimento della delega di presidente della Commissione Regionale dei Lucani nel Mondo (Crlm), in anomala composizione per il fatto stesso che il sovrano ha ancora quella carica, ma soprattutto perché non sono stati ancora eletti i vice presidenti, uno della maggioranza e l’altro appannaggio delle opposizioni. Trascorso un anno dall’elezione di Cicala, il 6 maggio 2019, a presidente del Consiglio regionale, il problema, in ordine cronologico solo l’ultimo di una lunga filiera di criticità, è proprio questo: è trascorso un anno. Cicala da “Re”, oggi Giornata dei Lucani nel mondo, vuole fare l’“Imperatore”, ma c’è una certezza: non è neanche “Re”, e a cascata, neppure “Imperatore”.

CICALA È SCADUTO INSIEME ALL’UFFICIO DI PRESIDENZA Riavvolgendo il nastro, carte alla mano e voce agli articoli: «L’Ufficio di Presidenza resta in carica un anno». Così è stabilito, a chiare lettere, nel regolamento interno del Consiglio regionale della Basilicata, precisamente all’articolo 8, “Durata in carica dell’Ufficio di Presidenza”: un anno. Di conseguenza, Cicala e l’Ufficio di presidenza sono decaduti il 6 maggio 2020, risultando la loro elezione convalidata il 6 maggio 2019. I componenti dell’Ufficio di presidenza sono rieleggibili, ma la conferma deve passare attraverso il rinnovo in Consiglio. La certezza è data dal combinato disposto tra il regolamento interno e il nuovo Statuto. Quest’ultimo in quanto ad “Entrata in vigore dello Statuto” recita, infatti, all’articolo 92, comma 3 che: «Il Consiglio regionale adegua il proprio Regolamento alle previsioni statutarie». Precisando nel periodo successivo, senza lasciare equivoci, che: «Fino all’entrata in vigore del nuovo Regolamento interno è fatto salvo il Regolamento vigente». Dunque non essendo intervenuto, fosse anche soltanto per negligenza, l’adeguamento del regolamento interno con il nuovo Statuto, l’articolo 8 che prevede la scadenza dell’Ufficio di presidenza decorso un anno, è l’unico riferimento normativo vigente.

SUPERFICIALITÀ DA LASCIVIA O DA MALIZIA? PERCHÉ CICALA NON HA ADEGUATO LO STATUTO: PENSAVA DI FAR FESSI I CONSIGLIERI? C’è un problema, ma lo stesso invece che rappresentare una giustificazione per Cicala, riproduce semmai la consapevole colpevolezza di chi poteva, ma soprattutto doveva, il “Re”, intervenire in tempo debito per sanare la contraddizione e non lo ha fatto. Il nuovo statuto, infatti, all’articolo 27, prevede che la durata dell’Ufficio di presidenza sia di 30 mesi, a differenza del regolamento che fissa la scadenza dopo un anno. Ma come detto perché il nuovo Statuto sia produttivo di effetto sul punto, era necessario, a mente dell’articolo 92, che si modificasse il regolamento interno. Lo sapeva bene il predecessore di Cicala, prima di Santarsiero, Mollica, il quale rispettando la norma l’applicò, iscrivendo all’ordine del giorno la votazione sul rinnovo suo e dell’ufficio di presidenza, non appena scaduto il primo anno. Ciò pure in presenza del nuovo Statuto, di cui lui fu padre fondatore, consapevole che il mancato adeguamento del regolamento interno del Consiglio era ancora efficace, pure nelle prescrizioni di cui all’articolo 8. D’altro canto, non può un presidente, il garante per antonomasia, abusare della sua carica e forzare la mano su un tema così delicato e che lo riguarda in maniera così diretta in termini di vantaggio personale. Resta da chiedersi come mai Cicala, con l’ex Dg Agostino, dopo un anno dal suo insediamento, dopo essersi prodigato in nomine a destra e a manca della sua cerchia “viggianese“ non abbia provveduto all’adeguamento del regolamento interno. Mera lascivia? Potrebbe essere, ma anche no. Il cambio del regolamento interno non è cosa semplicissima, né da un punto di vista tecnico, né da un punto di vista politico. Per prima cosa portare in Aula il cambio del regolamento avrebbe aperto gli occhi a qualche dormiente consigliere che si sarebbe potuto così accorgere della scadenza di Cicala non dopo 30 mesi, ma dopo un anno. In più, tutte le nomine che Cicala si è fatto in autonomia, anche in barba ai capigruppo della maggioranza, sicuramente non avrebbe potuto farle. Perché avrebbe dovuto dare conto ai capigruppo. Infatti lo statuto prevede all’articolo 26 che: «Il Regolamento interno è approvato e modificato a maggioranza dei tre quarti dei componenti del Consiglio. Dalla terza votazione, che ha luogo non prima di quindici giorni dalla precedente, è sufficiente la maggioranza dei componenti del Consiglio». Ecco che l’articolo 26 del nuovo Statuto ci spiega il motivo per il quale Cicala non ha portato in aula l’adeguamento del regolamento. Se i consiglieri avessero saputo che il loro voto sarebbe stato indispensabile per l’adeguamento del regolamento interno e quindi altrettanto indispensabile per consentire a Cicala di rimanere in carica 30 e non 12 mesi, non gli avrebbero di certo consentito di fare “il bello e cattivo tempo” sulle nomine e non solo. Cicala li ha fatti fessi, ma ora toccherà a loro smacchiare l’onta della presa in giro e portare in Aula immediatamente, anche dopo i tanti fatti e retroscena sulle dimissioni di Agostino, la votazione per il rinnovo dell’Ufficio di presidenza. Un consiglio regionale che non rispettasse le norme, perderebbe di credibilità oltreché di legalità.

Ferdinando Moliterni

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