AttualitàBasilicata

“NON SIAMO IN PIAZZA, MA NON DIMENTICHIAMO”

Il messaggio per il 25 aprile del segretario della Uil, Vincenzo Tortorelli


25 aprile, Tortorelli (Uil): siamo chiamati a una nuova resistenza e a una nuova solidarietà di popolo
“E’ questo un 25 Aprile molto diverso da tutti gli altri. L’emergenza coronavirus in cui siamo coinvolti ed impegnati per il superamento ci costringe ad abbandonare le piazze, ma non certo a dimenticare il significato di questa giornata, affinché le persone rimangano unite attorno ai principi della democrazia, della convivenza civile, dell’antifascismo, della Resistenza, della Costituzione e di un rinnovato orgoglio nazionale orientato alla rinascita economica, sociale, morale e culturale del Paese. Un Paese in cui i cittadini tornino a essere protagonisti del loro destino, dove imprenditori e lavoratori siano al centro della produzione della ricchezza e del benessere dei cittadini, e la finanza torni al posto che le spetta, lasciando alla buona politica e agli Stati il compito di regolare i destini dei cittadini”. Queste le riflessioni del segretario generale della Uil Basilicata Vincenzo Tortorelli.
“Questo del 2020 è il 75esimo anniversario della Liberazione d’Italia che coincide con il nostro 70esimo anniversario di vita. La Uil è stata una protagonista delle vicende economiche e sociali del Paese, sin dagli inizi, sin dalla nascita della Repubblica . La Uil – ha proseguito – era nata riformista per dare continuità all’esperienza del sindacato prebellico, che aveva avuto in Bruno Buozzi il suo incontrastato leader. Di quella realtà la nostra Organizzazione si ritenne e tuttora si ritiene erede, a pieno titolo, tant’è che la sua azione è stata sempre connotata dal più puro riformismo”.

“Oggi, dopo 75 anni siamo chiamati a una nuova resistenza e a una nuova solidarietà di popolo. Dobbiamo combattere contro un nemico che si differenzia da quelli del passato perché il Covid-19 non fa distinzioni di razza, genere o religione, e in questo senso è malvagiamente ‘democratico’. È più vigoroso verso i deboli, che sono gli stessi nonni e bisnonni detentori della memoria storica nazionale. È così sfuggente che riesce a insinuarsi silenzioso in quelle persone testimonianza vivente di anni di oppressione, paura e dittatura ma anche della rinascita di un Paese e di un popolo. Così facendo, lascia a noi l’arduo compito di ereditare la loro memoria. Con queste persone se ne va un pezzo della nostra storia. Per questo, oggi più che mai, ricordare e celebrare il 25 aprile assume un significato ancora più forte”.

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