BasilicataCronaca

PETROLGATE LUCANI, L’ENI ORA CI CREDE

Inchieste Procura Potenza, per il Cane a 6 zampe: «Esito sfavorevole improbabile»


Eni e processi, civili, amministrativi e penali, tra cui i due Petrolgate lucani: la multinazionale petrolifera continua a decidere di non «effettuare uno stanziamento al fondo rischi». L’Eni non teme sconfitte, anzi. Le valutazioni complessive degli esperti Eni hanno condotto nella direzione opposta: «verosimilmente da tali procedimenti ed azioni non deriveranno effetti negativi rilevanti». È questo uno dei dettagli della “Relazione finanziaria annuale 2019”, appena redatta e resa nota. Ad aprile, il Cane a 6 zampe ha tirato le somme dell’anno passato. Nel capitoletto sintetico sui «procedimenti in materia di salute, sicurezza e ambiente di natura penale», tra le inchieste più «significative» anche quelle della Procura di Potenza. Proprio la Basilicata è la regione italiana più strategica per multinazionale petrolifera: « La concessione più importante per Eni in Italia è Val d’Agri». Scaduta il 26 ottobre scorso, quella lucana è tra le 34 «concessioni di coltivazione attualmente in regime di prorogatio». Ma questa è un’altra vicenda. Sulle inchieste, invece, non ci sono soltanto i due Petrolgate, quello sul presunto traffico illecito di rifiuti prodotti dal Centro Olio Val d’Agri, Cova, e l’altro sull’inquinamento ambientale per via della perdita di greggio, lo «stillicidio di idrocarburi dai serbatoi A, B, C e D del Cova, dovuto alla presenza di fori passanti sui fondi», scoperta nel 2017, ma per la Procura in atto già dal 2012. C’è anche un Petrolgate 3, parallelo all’inchiesta sul presunto traffico illecito di rifiuti, ancora, però, in fase di indagini. «È stata disposta l’iscrizione di 9 imputati di procedimento connesso – si apprende dalla relazione finanziaria dell’Eni – per fattispecie contravvenzionali relative a presunte violazioni nella redazione del Documento di valutazione dei rischi occupazionali delle attività del Cova». Agli atti, oltre il verbale di contravvenzione da parte dell’Ispettorato del lavoro per «omessa e incompleta valutazione dei rischi chimici del Cova». Nell’ottobre 2017, il mutamento delle ipotesi di reato «in fattispecie delittuose di disastro, decesso e lesioni personali colpose, con violazione della normativa in materia di salute e sicurezza». Come riporta l’Eni, il procedimento «è attualmente pendente in fase di indagini preliminari». Nella relazione finanziaria annuale è confluito anche l’aggiornamento risalente al settembre dell’anno scorso: “Val d’Agri-Eni-Vibac”. In quel mese all’Eni è stato notificato un atto di citazione dinanzi al Tribunale di Potenza: 80 persone, residenti in diversi comuni della Val d’Agri, vogliono essere risarcite per «danni patrimoniali, non patrimoniali, danni biologici e morali», «tutti» derivanti dalla presenza di Eni sul territorio. Gli 80 cittadini puntano ad ottenere, da parte del Tribunale di Potenza, la dichiarazione di «responsabilità di Eni per aver causato emissioni in atmosfera di sostanze inquinanti», oltre che l’«ordine» di «interruzione delle attività inquinanti e subordinare la ripresa delle medesime all’avvenuta realizzazione di tutti gli interventi necessari ad eliminare le asserite situazioni di pericolo». La cifra complessiva degli indennizzi per i danni patrimoniali e non, diretti e indiretti, presenti e futuri, sarà «quantificata in corso di causa». Per questi procedimenti la valutazione dell’Eni è tranciante: «un esito sfavorevole è giudicato improbabile». In alternativa, muovendosi nel campo delle previsioni, e dovendo giustificare l’assenza di un dedicato stanziamento economico nel Fondo rischi, o meglio il fatto che «non è stato effettuato uno stanziamento al fondo rischi», la multinazionale petrolifera ha aggiunto che ad ogni modo, laddove uscisse sconfitta dai processi, «l’entità dello stanziamento non è stimabile in modo attendibile». Di non quantificato, almeno nella “Relazione finanziaria annuale”, c’è anche il capitolo investimenti che per l’Eni complessivamente ammontano a 1miliardo e 109 milioni di euro. In questo oceano di soldi, c’è pure la goccia lucana, di cui il peso economico non viene specificato, inerente «l’avanzamento del programma di perforazione, allacciamento e adeguamento degli impianti di produzione in Val d’Agri». Sul fronte Basilicata, inoltre, per l’Eni oltre i rischi, ci sono anche gli impegni. Tra questi i 116milioni di euro subordinati alla firma del protocollo di intenti stipulato con la Regione Basilicata. Poi ci sono 31milioni di euro finiti alla voce «altre attività immateriali» e che si riferiscono «principalmente», come precisato dall’Eni, «alle somme riconosciute alla Regione Basilicata e alla Regione Emilia Romagna, sulla base degli accordi attuativi connessi a interventi di social project realizzati da Eni e associati all’attività della Exploration & Production nelle aree della Val D’Agri e dell’Alto Adriatico».

PER L’ENI IL COVA È ORA PIÙ SICURO Tra i progetti inerenti la gestione efficiente delle acque «con azioni volte alla mitigazione del rischio idrico», l’Eni ha citato la «completata» progettazione esecutiva di dettaglio del processo Mini Blue Water del Cova finalizzato a rendere operativo un processo di trattamento innovativo delle acque di produzione, che porta a un loro riutilizzo per scopi industriali. Tuttavia è ancora «in corso l’iter autorizzativo per la realizzazione dell’impianto». Altro paragrafo, ma solo un lieve accenno alla “Digital Lighthouse” in Val d’Agri, è quello della «digitalizzazione delle attività» attraverso lo sviluppo di tecnologie digitali innovative e big data analytics per migliorare le performance operative e l’“Asset integrity”. Al Cova, ha appuntato l’Eni, il programma di trasformazione, risulta «sostanzialmente completato», e «ha contribuito alla riduzione delle fermate impianto per eventi non pianificati e dei rischi operativi», oltre che «ha consentito di ridurre i consumi energetici d’impianto e corrispondenti emissioni di Co2 da combustione e processo». Tutto ciò, secondo la versione dell’Eni, ha portato, in Basilicata, a un «miglioramento nell’ambito di sicurezza impiantistica e ambiente nonché delle performance operative».

Ferdinando Moliterni

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