BasilicataEventi e Cultura

NICOLA, NUOVO CENTENARIO DI CASTELSARACENO

Una vita intensa e combattuta sin da piccolo, oggi raccontata in un libro


Un nuovo centenario è stato festeggiato in Basilicata, a Castelsaraceno Fulco Nicola Antonio ha celebrato il suo compleanno con parenti ed amici. Alle 10:30 la Santa Messa, seguita da un buffet e poi la presentazione del libro che narra la sua lunga ed intensa vita che ci racconta il genero, medico di base da 40° anni a Castelsaraceno, paese che quasi 5 anni fa, ha visto spegnere la centesima candelina ad un’altra concittadina che quest’anno ne compirà 105. Una vita, quella di Nicola, riportata in un libro, scritto dalla professoressa Teresa Armenti, nato da una precedente intervista, che oggi appassiona i lettori. Nicola è nato il 24 gennaio 1920, ed ha avuto una infanzia molto difficile: a 5 anni perse la madre ed il papà successivamente si risposò, ma a 7 anni, nonostante le insistenze del papà, il padre della nuova moglie insistette per farlo lavorare, lo misero quindi a padrone, com’era d’uso all’epoca, da una famiglia presso la quale aveva il compito di guardare gli animali, e vi restò fino all’età di 15 anni, per poi essere preso come garzone da una famiglia di Grumento Nova, all’epoca denominata Saponara.

Si trasferì quindi in questo nuovo paese, ma la Seconda Guerra mondiale era in atto, e Nicola fu arruolato fino all’età di 20 anni, rischiando anche di passare per disertore, a causa del fatto che i Carabinieri, nel suo paese Castelsaraceno, non lo trovavano. Fu quindi imbarcato per l’isola di Rodi, ma si ammalò a causa della fame e delle condizioni di vita, e restò in ospedale per circa 4 mesi a causa di una tubercolosi polmonare che portò via molti dei suoi compagni. Ma Nicola fu combattente anche contro la malattia: fu inviato in licenza per tre mesi, dopo i quali dovette ripresentarsi a Rodi. Visse inoltre la prigionia dei tedeschi per due anni, ma quando finalmente fu liberato, furono i partigiani a renderlo nuovamente prigioniero, per altri 8 mesi. Fu solo l’armistizio a liberarlo definitivamente, e riuscì dopo qualche anno a tornare finalmente a casa. Trascorse la sua vita lavorando con umiltà ed ingegno ai muri di pietra a secco, oltre a coltivare i suoi campi con l’aiuto di un asinello

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