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MARTA, ATTIVISTA “MARCIA MONDIALE ENDOMETRIOSI” : SI RACCONTA

Oltre ad avere sopra condiviso la mia storia medica, vorrei ringraziare qui, il gruppo virtuale “CONOSCERE L’ENDOMETRIOSI”, compagne di sventura che sono venuta a “conoscere” casualmente nel 2016 quando mi è sembrato di toccare il fondo; senza di loro non avrei mai potuto cominciare a cambiare, piano piano, il modo in cui approcciarmi alla patologia, non avrei mai potuto conoscere la loro forza e la loro ispirazione, il loro senso di unione e il valore della solidarietà e dell’impegno civile per diffondere la consapevolezza su questa malattia

ENDOMETRIOSI #unaSTORIAallaVOLTA delle ragazze BRACCIALETTI GIALLI 1 su 10
Marta è una su dieci

“Mi chiamo Marta, ho avuto diagnosi di endometriosi a circa vent’anni, quindi, fatti due conti, da più di 20 anni convivo con questa patologia invalidante in molti aspetti della vita e ho subito 6 interventi chirurgici.

Inizialmente la malattia ha colpito il cavo del Douglas, poi i legamenti utero-sacrali, poi il setto retto vaginale, poi internamente l’utero, provocandomi una fortissima adenomiosi.

Dopo la prima laparoscopia di “pulizia” del Douglas ho avuto pochissimo beneficio, i sintomi sono tornati prepotenti dopo solo qualche mese, ma almeno ho avuto l’enorme fortuna (anche se con fatica) di riuscire a restare incinta e avere (prematuramente e con qualche rischio) mio figlio.

Durante il cesareo d’urgenza pretermine mi è stata effettuata la seconda adesiolisi delle aderenze (che avevano quasi interamente incollato l’utero alla vescica), durata quasi 3 ore, ma purtroppo non eseguita da mani esperte in endometriosi. E la situazione è peggiorata.

In seguito, quando mio figlio aveva solo 1 anno, ho dovuto subire un terzo intervento in laparoscopia per una nuova adesiolisi e asportazione di vari noduli riformatisi nel Douglas, sui legamenti e nel setto retto-vaginale, intervento più lungo, ma fatto da mani più esperte.

Dopo questi primi 3 interventi sono riuscita ad andare avanti qualche altro anno affidandomi agli antidolorifici, all’alimentazione, alla fitoterapia e poi quasi unicamente all’agopuntura, fatta due volte al mese per tenere a bada i dolori e tutti i disturbi ginecologici connessi (candide, vaginiti, cistiti).

Nel 2013, però, non riuscivo più a gestire i sintomi con farmaci e agopuntura: sfinita dal ritorno delle emorragie per dieci giorni durante le mestruazioni, dei crampi addominali, delle fitte rettali, del peso vescicale, delle difficoltà a reggere una giornata lavorativa normale ho deciso infine di ascoltare il mio ex-ginecologo e affrontare una isterectomia.

Durante la mia quarta laparoscopia durata 6 ore mi sono stati asportati altri noduli di nuovo nel Douglas, sui legamenti e nel setto-retto vaginale e infine, arrivati a districarsi tra tutte le aderenze anche del peritoneo, sono arrivati ad asportare utero e tube. Avevo quasi 37 anni e avevo da poco trovato l’Uomo della mia vita. Ma piano piano ho cominciato ad accettare questa condizione psicologica per me molto difficile.

La sfortuna ha voluto che dieci giorni dopo questo intervento, appena dimessa, io abbia avuto una febbre altissima per una fortissima infezione detta pelviperitonite; dopo giorni di apprensione, esami strumentali e visite che mi provocarono dolori strazianti (in quanto effettuate su una pelvi appena operata in con una pelviperitonite in corso), mi ri-operarono d’urgenza per aspirare dalla mia pancia quasi quattro litri di liquido infetto. Scoperta la causa e uscita dalla sala operatoria per la quinta volta, i medici non mi hanno nascosto che avevo rischiato tantissimo.

Ancora oggi devo lavorare con la mia psicologa per gestire il vissuto di quella notte del 30/09/13, tra l’intervento e il re-intervento, in cui mi sono sentita letteralmente morire dal male, sola di notte, senza infermiere che ascoltassero le mie urla (in quanto erano in corso quattro parti contemporaneamente) e con le compagne di stanza sotto shock dalla mia condizione.

Dopo due anni simil-decenti, ho avuto una sesta laparoscopia per sierocele saccato di 15 cm (improvviso e dolorosissimo), di nuovo liquido infetto in pancia.

Pensavo sarei finalmente stata meglio, ho cominciato a fare progetti, a progettare viaggi con mio figlio, ad accettare di non poter avere figli da mio marito, quando i sintomi sono tornati: i soliti sono tornati più forti, ma se ne sono anche aggiunti altri.

Dopo un anno di descrizione dei sintomi, preghiere di essere creduta eccetera, ho cambiato medico, mi è stata diagnosticata una recidiva di endometriosi nelle sedi “solite” plurioperate e in più due localizzazione intestinali (nodulo al retto e nodulo al sigma) con stenosi del 30%, sindrome infiltrativa profonda, sindrome compressiva dei nervi del plesso sacrale.

Dopo la diagnosi di peggioramento e recidiva nel 2016 ho avuto i momenti più bui della mia vita.

Molto spesso non riesco a deambulare, non riconosco il mio corpo trasformato dai bombardamenti dei farmaci della terapia del dolore, devo interrompere le attività quotidiane per i dolori, riesco con difficoltà a viaggiare e seguire mio figlio, fatico a stare “su” una giornata intera e spesso sono in balìa dello sconforto, nonostante la mia meravigliosa famiglia.

Attualmente la mia condizione, la localizzazione delle lesioni e le 6 chirurgie precedenti, fanno propendere il mio attuale ginecologo per evitare un’ulteriore chirurgia: mi ha suggerito di gestire la quotidianità dei dolori su quattro fronti, cioè assumendo la pillola in continuo, facendo riabilitazione perineale (anche per la sopraggiunta vulvodinia e problemi vescicali), tentare varie strade farmacologiche e strumentali per la terapia del dolore (a ottobre 2019 ho portato un impianto provvisorio di stimolatore midollare per circa due mesi, ma poi sono entrata di nuovo in sala operatoria per rimuoverlo perché inefficace sul tipo di dolore che ho) e lavorare sull’accettazione con la mia psicologa (anche con riferimento a tutte quelle volte in cui i medici sono stati arroganti e mi hanno quasi derisa).

Oltre ad avere sopra condiviso la mia storia medica, vorrei ringraziare qui, il gruppo virtuale “CONOSCERE L’ENDOMETRIOSI”, compagne di sventura che sono venuta a “conoscere” casualmente nel 2016 quando mi è sembrato di toccare il fondo; senza di loro non avrei mai potuto cominciare a cambiare, piano piano, il modo in cui approcciarmi alla patologia, non avrei mai potuto conoscere la loro forza e la loro ispirazione, il loro senso di unione e il valore della solidarietà e dell’impegno civile per diffondere la consapevolezza su questa malattia.

Ci vediamo a Roma”

E ricordate che la voce di una è la voce di tutte

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