AttualitàBlogCronaca

COMPRENDERE LA MORTE E LA DONAZIONE

L’etica del trapianto: giusto donare e non aspettarsi un “grazie”

COMPRENDERE LA MORTE E LA DONAZIONE


COME VIENE ACCERTATA LA MORTE?
I donatori in stato di morte cerebrale (in inglese Donor after Brain Death, DBD) sono persone il cui cervello in seguito a un determinato evento non è più irrorato e quindi non è più in grado di funzionare. Le cause più frequenti di morte cerebrale sono emorragie cerebrali, mancanza d’ossigeno o un grave trauma craniocerebrale.

La morte cerebrale è la cessazione irreversibile di tutte le funzioni cerebrali (sia dell’encefalo che del tronco encefalico). Le funzioni vitali (respirazione e circolazione sanguigna) vengono mantenute fino all’espianto degli organi tramite trattamenti medici intensivi, quali la ventilazione meccanica e la terapia farmacologica. La morte cerebrale deve essere diagnosticata secondo le direttive dell’Accademia Svizzera delle Scienze Mediche (ASSM) da due medici specializzati che non fanno parte del team di trapianto (cfr. Direttive sull’accertamento della morte nel contesto del trapianto di organi, ASSM, disponibili in tedesco e in francese).

La donazione di organi dopo l’arresto cardiocircolatorio (in inglese Donation after Cardio-Circulatory Death o DCD) riguarda anche donatori con prognosi infausta e per i quali il reparto di terapia intensiva decide di interrompere, conformemente alle linee guida della FMH, il trattamento medico che tiene in vita la persona.

Se non si verifica la morte cerebrale, la donazione di organi può avvenire dopo l’arresto cardiocircolatorio. Per i pazienti per i quali non sono presenti criteri di esclusione per la donazione di organi e per i quali si parta dal presupposto che in seguito all’interruzione della terapia entro 120 minuti si verifichi l’arresto cardiocircolatorio, può essere posto il quesito relativo a un’eventuale donazione di organi. Vengono svolti i necessari accertamenti per i diversi organi e viene interrotto il trattamento, per lo più in presenza dei familiari, se lo desiderano. Ciò significa che il tubo tracheale viene rimosso e i farmaci che sostengono la circolazione vengono sospesi. Questo segna l’inizio del processo che conduce al decesso.

Se l’arresto cardiocircolatorio si verifica entro 120 minuti e dunque si riscontra l’assenza di attività elettrica del cuore, per mezzo di un ecocardiogramma si stabilisce se il cuore non pompa più sangue da almeno cinque minuti. In tal caso, conformemente alle linee guida dell’Accademia Svizzera delle Scienze Mediche (ASSM), due medici specialisti stabiliscono l’accertamento del decesso verificandolo separatamente. Il defunto si trova così in condizioni di morte cardiaca e cerebrale. Successivamente si svolgono i preparativi per l’espianto di organi per i riceventi. L’intervento si svolge in sala operatoria in un ambiente sterile. Dopo l’espianto degli organi si procede alla sutura. Se il processo di morte dura più di 120 minuti, non si procede all’espianto di organi. I familiari vengono informati in anticipo sulla procedura.

Quali provvedimenti medici preparatori vengono attuati?
I provvedimenti medici preparatori o volti al mantenimento degli organi attuati sul donatore in condizioni di morte cerebrale comprendono il proseguimento della ventilazione meccanica, la somministrazione di medicamenti che regolano la circolazione e l’equilibrio ormonale nonché i prelievi di sangue per l’esecuzione di esami di laboratorio. Allo stesso tempo viene verificata la funzionalità dei singoli organi tramite procedimenti ecografici o radiologici. I prelievi di sangue e gli esami per un’eventuale donazione di organi si effettuano solo dopo la formulazione della diagnosi di morte cerebrale e l’ottenimento del consenso alla donazione.

Se state leggendo questo opuscolo potrebbe essere perché una persona a voi cara è morta oppure si prevede che morirà presto. Forse vi è stato richiesto di prendere in considerazione l’eventualità della donazione di organi e tessuti. Si tratta di un’occasione rara ed importante che potrebbe aiutare altre persone bisognose di un trapianto.

Alcune famiglie hanno già discusso la donazione di organi e tessuti e potrebbero essere già a conoscenza dei desideri del loro caro. Altre famiglie che non hanno discusso la donazione dovranno anch’esse prendere una decisione se il loro caro diventerà o meno un donatore.
Il presente opuscolo offre informazioni per aiutare voi e i vostri familiari a prendere una decisione in merito alla donazione che sia giusta per voi e per la persona a voi cara.

Vi sono molte persone che possono prestare supporto a voi e ai vostri familiari nel corso di tale processo. Oltre alle equipe mediche ed infermieristiche, potreste già avere conosciuto il personale di supporto presso l’ospedale, ad esempio assistenti sociali, ministri di culto e specialisti nel campo della donazione di organi e tessuti. Tali soggetti sono disponibili per prestarvi supporto e sono in grado di fornirvi maggiori informazioni.

È importante sapere che la donazione procederà solo se il consenso viene prestato dal paziente, da un familiare del paziente oppure, in alcuni stati dell’Australia, da un soggetto designato dall’ospedale (cosiddetto “Designated Officer”) se è impossibile raggiungere i familiari.

La donazione di organi e tessuti comporta il prelievo di organi e tessuti da una persona che è morta (il donatore) e il trapianto di tali organi o tessuti in una persona che, in molti casi, è molto malata o sta morendo (il ricevitore). Gli organi che si possono trapiantare comprendono cuore, polmoni, fegato, reni, intestino e pancreas. I tessuti che si possono trapiantare comprendono valvole cardiache e altri tessuti cardiaci, ossa, tendini, legamenti, pelle e parti dell’occhio quali la cornea e la sclera.
Il presente opuscolo vi fornirà alcune informazioni sulla donazione di organi e tessuti e sugli aspetti fisici della comprensione di cosa significa morire.

La morte deve essere accertata prima che la donazione possa avvenire.

La morte si può accertare in due modi:

La morte cerebrale si verifica quando il cervello di una persona cessa permanentemente di funzionare.

La morte cardiaca si verifica quando il cuore di una persona cessa permanentemente di funzionare.

È importante comprendere la differenza tra morte cerebrale e morte cardiaca. Il modo in cui una persona muore influisce sul modo in cui il processo di donazione può avvenire e su quali organi e tessuti si possono donare.

Morte cerebrale

La morte cerebrale avviene quando il cervello ha subito danni così gravi da cessare completamente e permanentemente di funzionare. Ciò può verificarsi a seguito di gravi lesioni al capo, perdite di sangue nel cervello ad esempio a seguito di un ictus o di un’emorragia, infezione cerebrale o tumore o mancanza di ossigeno al cervello.

Così come ogni altra parte dell’organismo, quando il cervello viene leso, si gonfia. Il cervello
è racchiuso in una “scatola” rigida, il cranio, che normalmente lo protegge da contusioni ma nel contempo limita la misura in cui il cervello può espandersi quando inizia a gonfiarsi. Ciò è diverso da altre parti del corpo, ad esempio una caviglia contusa che può continuare a gonfiarsi senza alcuna limitazione. Se il cervello continua a gonfiarsi, la pressione si accumula all’interno del cranio causando danni permanenti.

Il gonfiore esercita pressione sul tronco encefalico, dove il cervello incontra il midollo spinale dietro al collo. Il tronco encefalico controlla molte funzioni che sono necessarie per la vita tra cui respirazione, battito cardiaco, pressione sanguigna e temperatura corporea.


Man mano che il gonfiore del cervello aumenta, la pressione all’interno del cranio cresce fino al punto in cui i vasi sanguigni che raggiungono il tessuto cerebrale vengono schiacciati. Alla fine
il sangue, che contiene l’ossigeno, cessa di fluire al cervello (cfr. diagramma 1). Senza sangue
e ossigeno, le cellule cerebrali muoiono. A differenza di molte altre cellule nell’organismo, le cellule cerebrali non possono ricrescere o guarire. Se le cellule cerebrali muoiono, il cervello del paziente non funzionerà mai più e la persona muore. In questo caso si parla di “morte cerebrale”


Il cervello e il tronco encefalico controllano molte delle funzioni vitali dell’organismo, tra cui la respirazione. Quando una persona subisce una lesione cerebrale, viene collegata ad una macchina denominata ventilatore, che fa circolare artificialmente l’ossigeno nei polmoni. L’ossigeno viene poi pompato agli altri organi dal cuore. Il battito cardiaco non dipende dal cervello, 
ma è controllato da uno stimolatore naturale nel cuore che funziona quando riceve ossigeno.

Mentre il ventilatore eroga ossigeno all’organismo, il torace del paziente continuerà a sollevarsi e ad abbassarsi dando l’impressione di respirare, il cuore continuerà a battere e la persona sarà calda al tatto. Questi segnali possono rendere la morte cerebrale difficile da comprendere. Tuttavia, anche con la ventilazione continua, il cuore non può continuare a battere per sempre e alla fine cesserà di funzionare.

Come fanno i medici a sapere se il cervello del paziente è morto?

I pazienti che sono gravemente malati in ospedale sono soggetti a osservazione costante da parte delle equipe mediche e infermieristiche specialistiche che si occupano di loro e sono attentamente monitorati per notare eventuali mutamenti alle loro condizioni cliniche. Vi sono diversi mutamenti fisici che si manifestano quando il cervello muore. Tali mutamenti comprendono la perdita della reazione pupillare alla luce, l’incapacità di respirare senza il ventilatore nonché una riduzione del battito cardiaco, della pressione sanguigna e della temperatura corporea.


Quando l’equipe medica nota tali mutamenti eseguirà il test clinico per la morte cerebrale per confermare se il cervello abbia cessato o meno di funzionare.

Due medici esperti condurranno indipendentemente la stessa serie di test clinici al capezzale del paziente. I medici che conducono il test per la morte cerebrale cercheranno di stabilire la presenza nel paziente dei seguenti segnali vitali:

  • reazione a stimoli dolorosi
  • reazione alla luce da parte della pupilla dell’occhio
  • reazione con battito quando si tocca l’occhio
  • reazione con movimento dell’occhio quando acqua ghiacciata viene immessa nel canale auricolare
  • reazione con tosse o riflesso palatale quando si tocca la parte posteriore della gola
  • capacità di respirare quando il paziente viene staccato dal ventilatore.

Se il paziente non presenta alcuna reazione a tutti questi test, significa che il cervello ha cessato di funzionare e che tale paziente è morto. Anche se il paziente è morto, il cuore continuerà a battere perché continua a ricevere ossigeno grazie al ventilatore.

Vi sono dei casi in cui le lesioni subite dal paziente gli impediscono di essere assoggettato a tutti questi test per accertare la morte cerebrale. Ad esempio, gravi lesioni al volto potrebbero limitare l’accesso agli occhi o alle orecchie. In questi casi, si eseguono dei test diagnostici per immagini per vedere se è presente il flusso sanguigno al cervello. Tali test comprendono esami come un test con colorante dei vasi sanguigni nel cervello (un’angiografia cerebrale o una scansione di perfusione cerebrale). Il personale ospedaliero potrà fornire maggiori informazioni se tali test sono necessari.


Cosa accade dopo la conferma della morte cerebrale?

Dopo la conferma della morte cerebrale, il paziente rimarrà collegato al ventilatore mentre i componenti dell’equipe medica parlano con i suoi familiari dei prossimi passi da intraprendere. Questi comprenderanno gli ultimi desideri del paziente, la possibilità di donare organi e tessuti e la tempistica in materia di distacco dal ventilatore.

Se i familiari sono favorevoli alla donazione, si farà tutto il possibile per esaudire tali desideri. La tempistica può variare in quanto ogni caso è diverso. Possono volerci fino a 24 ore per svolgere le pratiche necessarie per una donazione. Il paziente rimarrà collegato al ventilatore durante questo periodo per garantire la circolazione del sangue e dell’ossigeno agli organi. In alcuni casi sono necessari dei farmaci per far sì che gli organi rimangano idonei per la donazione. Se diventa palese che alcuni organi non sono più idonei per la donazione, potrebbe essere ancora possibile donare gli occhi, il cuore, le ossa e i tessuti cutanei.


Dopo il completamento delle pratiche per la donazione, il paziente verrà trasferito in sala operatoria per un intervento di prelievo degli organi. Nel corso dell’operazione, il ventilatore verrà staccato.

Se i familiari non sono a favore della donazione, i medici parleranno con loro in merito alla rimozione del ventilatore. Quando il ventilatore viene staccato, il cuore del paziente cesserà di battere a causa della mancanza di ossigeno e la pelle diventerà fredda e pallida perché il sangue non viene più fatto circolare attraverso l’organismo.

Durante il processo che accompagna l’ultima fase della vita, verrà sempre mantenuto il dovuto rispetto e le necessarie premure, a prescindere dal fatto che la donazione proceda o meno.


Morte cardiaca

La morte cardiaca si verifica quando una persona cessa di respirare e il cuore smette di battere. Questo può accadere dopo una malattia improvvisa o un incidente oppure nella fase terminale di una lunga malattia. Può anche verificarsi quando una persona subisce una lesione al capo che non provoca la morte cerebrale, ma che è tuttavia così grave che la persona non riesce

a respirare a dovere per sostenere da sola il battito cardiaco. Durante questo periodo, un ventilatore può respirare in modo artificiale in luogo del paziente per consentire al cuore di continuare a battere e per fare circolare l’ossigeno nell’organismo.

In tali casi, l’interruzione di terapie attive avviene solo quando la continuazione delle cure non offre alcuna prospettiva di guarigione, la morte è inevitabile e il paziente si trova nella fase terminale della vita. A quel punto priorità viene data alle cure palliative per alleviare il dolore e garantire un’assistenza compassionevole nell’ultima fase della vita. L’interruzione delle terapie attive viene sempre discussa e concordata con i familiari (e, se possibile, con il paziente). Solo quando è stata presa tale decisione, si procede ad eventuali discussioni in merito alla donazione dopo la morte cardiaca.

Cosa accade dopo che i medici ritengono che il cuore del paziente sta per cessare di battere?

Quando i medici sono convinti che le terapie continuative con il ventilatore non apporteranno miglioramenti per il paziente, parleranno con i familiari sui prossimi passi da intraprendere, compresi gli ultimi desideri, e sull’opportunità di interrompere gli interventi che non funzionano, ad esempio il ventilatore.

Quando il ventilatore viene staccato, la respirazione del paziente non sarà più in grado di fare arrivare l’ossigeno al cuore. Il cuore cesserà di battere perché non riceve più l’ossigeno e a quel punto tutti gli altri organi cesseranno di funzionare, compreso il cervello, e il paziente morirà.

Se i medici prevedono che il paziente cesserà di respirare e morirà entro 90 minuti dalla rimozione del ventilatore, potrebbe presentarsi l’occasione di donare organi e tessuti.

La donazione dopo la morte cardiaca è possibile solo entro un arco di tempo di 90 minuti, perché quando il ventilatore viene staccato, l’ossigeno e il sangue non vengono più fatti circolare nell’organismo. A quel punto, organi e tessuti inizieranno a deteriorarsi in quanto necessitano di sangue e ossigeno per rimanere idonei per una donazione.

Se i familiari sono a favore della donazione, si farà tutto il possibile per esaudire il loro desiderio. Tuttavia, può essere molto difficile prevedere il periodo esatto di tempo che il paziente impiegherà a morire a seguito della rimozione del ventilatore e dell’interruzione della somministrazione dei relativi farmaci. Alcuni pazienti muoiono nel giro di 10 o 20 minuti, e la donazione potrebbe essere possibile. Altri potrebbero impiegare delle ore a morire. In questo caso, la donazione degli organi non sarà più possibile ma potrebbe essere ancora possibile donare gli occhi, il cuore, le ossa e i tessuti cutanei.

Se i familiari non sono a favore della donazione, i medici parleranno con loro in merito alla rimozione del ventilatore. Quando il ventilatore viene staccato, il cuore del paziente cesserà di battere a causa della mancanza di ossigeno e la pelle diventerà fredda e pallida perché il sangue non viene più fatto circolare attraverso l’organismo.

Durante il processo che accompagna l’ultima fase della vita, verrà sempre mantenuto il dovuto rispetto e le necessarie premure, a prescindere dal fatto che la donazione proceda o meno.


Il processo di donazione e 
maggiori informazioni

Quando la donazione può procedere, il donatore verrà trasferito in sala operatoria per un intervento chirurgico di prelievo. Seguono alcune informazioni sul processo di donazione.

Cosa comporta l’intervento per la donazione?

L’intervento per la donazione viene condotto con la stessa attenzione di qualsiasi altra operazione e il corpo del donatore viene trattato con rispetto e dignità. L’intervento viene eseguito da chirurghi e operatori sanitari altamente qualificati. Specialisti e rispettive equipe possono essere fatti venire da altri ospedali per eseguire l’intervento.

Analogamente ad altre operazioni, un’incisione chirurgica verrà praticata per prelevare gli organi. A seconda degli organi e dei tessuti da donare, l’operazione può durare dalle 3 alle 8 ore.

Cosa accade dopo l’operazione?

Dopo l’operazione, gli organi donati saranno trasportati dalla sala operatoria agli ospedali in cui verràeseguitoiltrapianto. Seifamiliaridesideranovedereilpropriocarodopol’operazione, è possibile soddisfare tale desiderio.


Il paziente deceduto avrà un aspetto diverso?

Quando una persona muore, è normale che sia pallida e che la pelle sia fredda poiché sangue e ossigeno non circolano più nell’organismo. Tuttavia, l’intervento per la donazione non determina notevoli cambiamenti all’aspetto del donatore. L’incisione chirurgica praticata durante l’operazione sarà chiusa e coperta come in tutte le operazioni e non sarà visibile sotto gli indumenti del paziente.

Le disposizioni funerarie ne verranno interessate?

La donazione di organi e tessuti non hanno alcuna ripercussione sulle disposizioni funerarie. La visione della salma e un funerale a bara aperta sono entrambi possibili. Le pratiche funerarie potrebbero subire dei ritardi se serve l’esame del Coroner.

Quando serve un esame del Coroner?

Alcuni decessi, ad esempio decessi per cause non naturali o quando non si conosce la causa del decesso, devono per legge essere indagati dal Coroner di uno stato o territorio dell’Australia. In questi casi potrebbe rendersi necessaria un’autopsia da parte del Coroner. Il personale dell’ospedale interpellerà i familiari se una tale situazione dovesse presentarsi.

La maggior parte degli uffici del Coroner degli stati e territori dell’Australia mette a disposizione dei counsellor che possono fornire maggiori informazioni dettagliate e supporto in merito al relativo processo quando viene ordinato un esame da parte del Coroner.

I familiari possono cambiare idea in merito alla decisione sulla donazione?

Sì. I familiari possono cambiare idea in merito alla donazione sino al momento in cui il donatore viene trasferito in sala operatoria.

Quali sono le posizioni religiose in merito alla donazione?

La maggior parte delle principali religioni è a favore della donazione di organi e tessuti. Se una famiglia ha dei quesiti che vorrebbe discutere, il personale dell’ospedale può fornire maggiori informazioni e aiutarla a mettersi in contatto con il proprio ministro del culto.

I familiari del donatore dovranno accollarsi alcuni dei costi dell’operazione?

No. Non sono previsti costi a carico dei familiari dopo che il decesso è stato formalmente accertato.

Quali organi e tessuti verranno donati?

Il personale dell’ospedale discuterà con i familiari quali organi e tessuti potrebbe essere possibile donare. Dipenderà dall’età, dai precedenti clinici e dalle modalità del decesso del paziente. Ai familiari verrà chiesto di confermare quali organi e tessuti accettano di donare. Verrà loro chiesto di firmare un modulo di consenso contenente particolari dettagliati.

I familiari del donatore possono determinare chi riceverà gli organi e i tessuti?

No. La destinazione di organi e tessuti viene determinata da equipe specializzate in trapianti in conformità a protocolli nazionali1. Questi si basano su criteri vari, ad esempio liste d’attesa e la persona più idonea al trapianto, in modo da ottenere il miglior esito possibile della donazione.


Gli organi del donatore verranno senz’altro trapiantati?

Se i familiari sono a favore della donazione, verrà fatto tutto il possibile per esaudire il loro desiderio. Tuttavia, al momento della donazione si potrebbe talvolta scoprire che gli organi destinati alla donazione non sono clinicamente idonei per il trapianto. Il personale dell’ospedale interpellerà i familiari, se dovesse presentarsi una tale evenienza.

Il trapianto va sempre a buon fine?

L’Australia è rinomata a livello internazionale per il successo dei trapianti e la sopravvivenza a lungo termine dei ricevitori. Come per ogni altra operazione, vi sono dei rischi legati all’intervento di trapianto, tuttavia, la maggior parte dei ricevitori trae grande beneficio dal trapianto e alcuni riescono a condurre una vita piena e attiva.

I familiari riceveranno informazioni sui pazienti che hanno tratto giovamento dalla donazione?

La legge australiana pone dei limiti allo scambio di informazioni tra i familiari del donatore e quelli del ricevitore. Tuttavia, il personale incaricato della donazione offrirà informazioni aggiornate su quali organi e tessuti sono stati trapiantati e sull’andamento dei ricevitori.
I familiari del donatore e i ricevitori del trapianto possono scambiarsi lettere anonime tramite le agenzie di donazione 
degli stati e territori australiani.

Quali servizi di supporto sono a disposizione dei familiari del donatore?

Il personale incaricato della donazione si terrà in contatto con i familiari e fornirà supporto continuativo e informazioni aggiornate. Le agenzie di donazione degli stati e territori australiani possono offrire supporto e assistenza per i familiari colpiti dal lutto.

Potete trovare i particolari per contattare l’agenzia di donazione nel vostro stato o territorio di residenza sul retro del presente opuscolo.

 

L’etica del trapianto: giusto donare e non aspettarsi un “grazie”

La procedura della donazione di organi
Cosa succede concretamente al mio corpo dopo la morte se i miei organi possono venire usati per un trapianto?

Il seguente caso inventato illustra la procedura della donazione di organi sulla scorta dell’esempio di un paziente che muore all’improvviso per un’emorragia cerebrale. L’intera procedura dura di solito da un minimo di mezza giornata a un massimo di tre giorni.

Tutto succede all’improvviso
Quel sabato pomeriggio, il padre di famiglia di 56 anni con l’hobby del giardinaggio doveva già essere di ritorno dal giardino da molto tempo. La moglie prova a chiamarlo invano e poi decide di andare a cercarlo: lo trova disteso per terra. È privo di conoscenza, ha il polso debole e molto accelerato e sembra aver vomitato.

La brutta notizia
All’ospedale la moglie viene informata dal medico che, a causa dell’emorragia cerebrale, il cervello di suo marito ha subito danni così seri da escludere ogni speranza. Dopo tutta una serie di ulteriori spiegazioni da parte del dottore, essa deve purtroppo accettare che non c’è più niente da fare per salvare la vita al marito: qualsiasi ulteriore misura medica servirebbe soltanto a posticipare la morte. La moglie lo comunica ai figli, appena giunti in ospedale. La decisione di interrompere la terapia viene presa insieme alla famiglia, seguita dal medico e dal consulente spirituale dell’ospedale, di cui la famiglia ha richiesto la presenza.

Il defunto avrebbe acconsentito a donare i suoi organi?
Il medico ora discute con la famiglia la questione della donazione di organi. Visto che la persona deceduta non aveva compilato la tessera di donatore, la decisione spetta ai famigliari, che devono decidere nel rispetto della volontà del defunto. Il padre di famiglia avrebbe desiderato donare i suoi organi? I figli non sanno cosa rispondere. La moglie, invece, si ricorda che alcuni anni prima il marito stava leggendo nel giornale un articolo sui trapianti e le aveva detto che a lui piaceva l’idea di donare gli organi. Ora la famiglia ha bisogno di un po’ di tempo per discuterne; arriva alla conclusione che il proprio caro sarebbe stato favorevole alla donazione. Comunica quindi al medico il consenso alla donazione: sono d’accordo per l’espianto sia di tutti gli organi sia della cornea e di ogni altro tessuto utilizzabile.

Esami importanti
Il medico illustra nuovamente alla famiglia la procedura prevista, approfondendo in particolare i dubbi dei figli, che si chiedono come possono essere sicuri che il padre è davvero morto quando gli verranno prelevati gli organi: infatti sembra ancora respirare, anche se soltanto grazie alle apparecchiature mediche. Il medico spiega loro in maniera dettagliata che, prima della donazione di organi, il decesso deve venire accertato con diversi esami, seguendo le severe norme di legge.

La ricerca di riceventi idonei
Il decesso del paziente adesso è stato confermato e tutti i requisiti necessari per l’espianto di organi e tessuti sono stati ottemperati. A partire da questo momento, la famiglia viene seguita anche dal coordinatore dei trapianti: si tratta di una persona istruita in modo tale da potersi occupare anche dal punto di vista organizzativo di tutte le ulteriori tappe della donazione di organi e tessuti. Il coordinatore spiega ai famigliari che occorre ancora eseguire alcune analisi di laboratorio utili all’individuazione dei riceventi più idonei.

Tempo per dare l’ultimo saluto

Il defunto adesso è riportato in sala operatoria, dove i suoi organi vengono prelevati. Dopo l’espianto degli organi, i suoi congiunti vengono fatti entrare in un’apposita sala. Su richiesta della moglie è presente anche il consulente spirituale dell’ospedale. In questo contesto (ora il defunto non è più collegato alle apparecchiature mediche) la famiglia può dargli l’ultimo saluto.

***


Uno studente decide, dopo averne parlato con gli amici, di diventare un potenziale donatore di organi e tessuti. Ma quando si sottopone alle analisi necessarie, per un tremendo contrappasso inverso, scopre di soffrire di una grave insufficienza funzionale del midollo osseo: da possibile donatore diventa così, nell’arco dei pochi istanti che gliene offrono la consapevolezza, un malato in attesa del trapianto indispensabile per la sua sopravvivenza. Non è l’incipit di un romanzo ma la storia di Giovanni Spitale, giovane laureato in filosofia all’università di Padova. A uno stravolgimento di prospettiva talmente tragico da poter offuscare ogni facoltà, Giovanni reagisce da filosofo: e trae dalla sua vicenda lo spunto per avviare una riflessione che, partendo dall’esperienza del singolo, si amplia a valutare l’atto della donazione di organi e tessuti, e l’universo di considerazioni cliniche, giuridiche, psicologiche, etiche che ne sono cornice, secondo una prospettiva universale. Completando così (e offrendovi senso) quel salto quasi metafisico che aveva trasformato un ventenne appassionato di alpinismo in un paziente precipitato in un mondo dai caratteri troppo estremi per non coglierne le implicazioni più profonde.

Dall’esperienza di Giovanni Spitale è nato Il dono nelle donazioni (Il Poligrafo 2015), un libro che ha l’ambizione di riassumere le più aggiornate e complesse questioni del dibattito bioetico sui trapianti e, soprattutto, sul gesto che ne è origine: il dono, analizzato secondo i poli opposti del donatore e del destinatario. Un atto supremo, nel caso riguardi una parte del proprio corpo o di quello di un congiunto scomparso, del quale Spitale riprende, tra le altre, la visione di Jacques Derrida: c’è dono, in senso assoluto, soltanto dove il gesto presenti una totale asimmetria, una gratuità talmente radicale da implicare non solo la completa assenza di contatto e conoscenza tra donatore e ricevente, ma persino la perdita, in entrambi, della consapevolezza stessa di aver offerto o ricevuto il dono. Una concezione utopica, quindi, secondo la quale il dono perfetto richiede quello che il filosofo francese definisce “l’oblio assoluto”; da qui parte la riflessione di Spitale che, nel dibattito sulla donazione di organi, si traduce in considerazioni pratiche di grande rilevanza, inducendo l’autore ad appoggiare il totale anonimato del donatore e la completa gratuità della donazione. Aspetti che non sono per nulla scontati, nella discussione come nella prassi clinica e giuridica in vigore nei diversi Paesi: si pensi solo, tra i mille temi toccati nel libro, alla delicatissima controversia sulla possibile regolamentazione di un mercato legale di organi, teorizzata da alcuni studiosi come rimedio necessario alla loro cronica insufficienza.

Se la prima parte di Il dono nelle donazioni è una disamina del percorso medico e giuridico che ha portato la pratica dei trapianti e della donazione di organi e tessuti alla disciplina attuale, è quando si addentra nel magma dei problemi etici, e dei dilemmi giuridici che ne derivano, che il libro di Spitale genera i maggiori turbamenti di fronte a tematiche così vertiginose: come la selezione dei pazienti per l’assegnazione di un organo, e i criteri applicati da un pugno di operatori sanitari che rivestono legittimamente il ruolo di arbitri di vita e morte. Quali regole è più giusto adottare? Se c’è un consenso maggioritario (ma non tale da rendere la scelta meno problematica) sull’escludere dal trapianto i pazienti troppo anziani o a maggior rischio di insuccesso, è lecito ipotizzare che nella scelta vengano introdotti criteri non medici ma etici, come la preferenza per i pazienti che, a suo tempo, avessero dato a loro volta disponibilità a donare organi? Se poi, nel caso di organo donato da vivente, si passa a considerare la prospettiva del donatore, il problema da considerare è quello del bilanciamento tra la volontaria disponibilità del donatore a menomarsi e l’entità del beneficio ottenuto per il paziente. Ma si tratta sempre, per il donatore, di una volontà totalmente libera? Pensiamo agli unici casi in cui la legge consente che donatore e paziente si conoscano (è il caso di persone legate da parentela). È sempre possibile escludere una forma di coercizione, o quantomeno una pressione psicologica, che il donatore sia costretto a subire? In questo caso l’assunto di Derrida viene totalmente negato, poiché il dono non è né anonimo né, in qualche misura, gratuito.

Se i dilemmi etici nascono, in prevalenza, dalla mancanza di un numero sufficiente di donatori, per Spitale è evidente che l’unico antidoto davvero efficace e privo di contraddizioni è, sul lungo termine, la capacità delle istituzioni di incrementare il numero di persone disposte a donare una parte di sé o un organo di un proprio parente defunto. Ma anche sulle strategie legislative in materia c’è dibattito: è più equo il modello del silenzio-diniego, che richiede un’esplicita dichiarazione di consenso da parte di chi voglia essere donatore, o quello del silenzio-assenso, che considera tutti potenziali donatori fino a che non si dichiari il contrario? La risposta, spiega l’autore, viene modulata diversamente a seconda dell’approccio etico che si decide di scegliere: se viene data priorità al bene della collettività, e quindi alla maggior tutela della salute della comunità, o alla libertà dell’individuo. Problemi che diventano ancora più intricati quando riguardano l’espianto di organi da cadavere: deve prevalere il diritto alla vita di tanti pazienti in attesa, o l’interpretazione più garantista possibile delle volontà del defunto, spesso difficilmente ricostruibili?

Le questioni, si è intuito, sono infinite, tutte irrisolvibili senza una mediazione etica e giuridica comunque sofferta e discutibile. Spitale però non rinuncia a tentare di tracciare un paradigma, e conclude il suo libro riaffermando una visione del dono che è insieme etica e funzionale. Solo un dono anonimo e gratuito è il gesto efficace perché un paziente, ignorando l’identità del donatore, possa avvertire la valenza universale di un dono disinteressato da parte di un membro indistinto del genere umano, unica entità verso la quale è lecito provare riconoscenza. È proprio da questa relazione di gratitudine asimmetrica, da parte di un singolo uomo salvato che si rivolge a un’umanità indifferenziata, che scaturisce quell’orizzonte morale che può portare ogni essere umano a percepire il valore assoluto di ogni donazione, senza che abbia rilievo chi dona o cosa dona. È la chiave etica, secondo l’autore, per aumentare in noi la consapevolezza che ciascuno ha l’opportunità di salvare una vita umana. Non importa quale.

Martino Periti 25 gennaio 2016


Trapianti d’organi vitali: donazione o esproprio?

(Alfredo De Matteo) 04 Settembre 2019 – 12:50

Nella sua accezione più comune, donare consiste nel dare ad altri liberamente e senza compenso qualcosa di utile e/o prezioso. Da ciò si può dedurre che affinché la donazione sia veramente tale è necessario che l’atto venga compiuto in piena libertà, senza alcuna costrizione o condizionamento; e che il donatore sia il legittimo possessore del bene che intende donare e ben conscio delle conseguenze che tale atto comporta.

Già con tali premesse è possibile escludere con certezza che la pratica dei trapianti d’organi vitali possa essere considerata un atto di donazione. Infatti, la gran parte degli espianti viene effettuata per conto terzi, dal momento che l’autorizzazione al prelievo degli organi viene richiesta ai congiunti del cosiddetto donatore. Inoltre, è da escludere che tale autorizzazione possa essere ritenuta un gesto autenticamente libero e consapevole: primo, perché i diretti interessati non vengono mai correttamente informati sui veri termini della questione (altrimenti non presterebbero il loro consenso …); secondo, per il fatto che la situazione di forte stress psicologico in cui si vengono a trovare non consente loro di avere la lucidità necessaria per prendere una decisione così importante. In più, essi subiscono una sorta di ricatto morale: anche qualora decidessero di non prestare il consenso al trapianto, la sorte del loro congiunto sarebbe segnata, dal momento che una volta dichiarata la morte cerebrale il paziente non donatore viene privato dei sostegni che lo mantengono in vita.

A rendere, se possibile, ancora meno credibile la tesi secondo cui la cosiddetta donazione degli organi rappresenti un gesto libero di generosità e altruismo, ci ha pensato il ministro della Salute Giulia Grillo che in pieno agosto ha firmato il decreto contenente le norme del regolamento sul Sistema Informativo Trapianti (Sit), previsto dalla legge n. 91/1999 sul silenzio-assenso. In pratica, con tale norma il legislatore si proponeva di aumentare il numero dei donatori di organi rendendo più difficili le opposizioni ai trapianti. Tuttavia, la legge 91 è rimasta, almeno fino ad ora, parzialmente inapplicata in quanto non è mai stato istituito e reso operativo il sistema informativo che contenesse i dati dei cittadini e raccogliesse le loro volontà. Ora, con il suddetto decreto il ministero della Salute ha inteso colmare tale lacuna normativa, anche se per renderlo completamente operativo è necessario che venga istituita un’Anagrafe Nazionale degli Assistiti e un sistema di notifica che avverta i cittadini dell’entrata in vigore della norma e dia loro la possibilità di esprimersi sulla donazione. Ma il più sembra fatto e, nel giro di pochi mesi, la trappola del silensio-assenso funzionerà a pieno regime, come promette il direttore del Centro Nazionale Trapianti, Massimo Cardillo: «A volte per i familiari è una decisione difficile da prendere e in circa il 30 percento dei casi c’è un rifiuto. Mentre con il silenzio-assenso, nel momento in cui non si dichiara nulla, nessuno si può opporre». Dunque, è evidente che la vera ratio della legge 91/1999 e ora del decreto attuativo del ministero della Salute non è tanto quella di raccogliere le volontà dei cittadini ma, all’opposto, di raccoglierne il meno possibile. E’ infatti molto probabile che tenderà ad esprimersi in un senso o nell’altro solo una piccolissima percentuale della popolazione, mentre la stragrande maggioranza non si esprimerà affatto, vuoi per scarso interesse verso l’argomento, vuoi per i legittimi dubbi che tale pratica solleva, vuoi per semplice noncuranza o disattenzione; in tal modo, l’attuale 30 percento di mancati consensi si ridurrà drasticamente.

Secondo il ministro Grillo «Due decenni sono troppi per attuare una legge di civiltà di cui il Paese ha bisogno. Potranno così essere salvate molte più vite, ma per farlo i cittadini devono essere adeguatamente informati e consapevoli e per questo lanceremo una nuova campagna informativa». Innanzitutto, c’è da chiedersi se ad aver bisogno di un provvedimento del genere siano davvero gli italiani oppure le strutture che operano in un settore, quello dei trapianti, che smuove molto denaro: secondo quanto si legge sul Programma Nazionale Donazione di Organi 2018-2020, «in molte regioni i risultati sono inferiori alle potenzialità stimate e i Centri Regionali per i Trapianti hanno difficoltà nel dimostrare l’importanza di un sistema organizzativo efficiente e nell’ottenere le risorse indispensabili per mettere in atto un appropriato modello organizzativo».


Detto in altri termini, dato che il numero dei trapianti non cresce ma anzi a crescere sono semmai le opposizioni, i centri per i trapianti rischiano di chiudere o di trovarsi in seria difficoltà. Il decreto del ministero della Salute sembra dunque promettere di risolvere in tempi relativamente brevi il problema del mancato incremento del numero dei trapianti. Ma almeno i cittadini saranno realmente informati e resi consapevoli, com’è nei proclami del ministro? Difficile, dato che informare in maniera adeguata significherebbe far sapere alle persone che, ad esempio, il criterio della morte cerebrale non è mai stato validato scientificamente, che non sussiste alcuna evidenza che la presunta cessazione delle sole funzioni cerebrali equivalga alla morte dell’individuo e che comunque gli strumenti atti a diagnosticare la morte cerebrale non danno alcuna garanzia che la funzionalità del cervello sia irreversibilmente compromessa. Che almeno non si chiami più donazione degli organi, ma esproprio da parte dello Stato …

(Alfredo De Matteo)

*

Social Media Auto Publish Powered By : XYZScripts.com
error: Contentuti protetti