AttualitàBasilicata

MONTE LI FOJ: ANALISI ALLE FALDE ACQUIFERE

Il pozzo petrolifero abbandonato di Picerno desta preoccupazioni, si mobilita l’Associazione

In riferimento alle notizie circolate nei giorni scorsi sull’inquinamento delle falde acquifere dell’area del pozzo petrolifero incidentato/abbandonato Monte di Foj di Picerno, il Sindaco Giovanni Lettieri comunica di aver «interessato la Regione Basilicata, l’Assessorato alla Sanità ed all’Ambiente, l’ARPAB e la Prefettura, ognuno per le proprie competenze al fine di porre in essere tutte le azioni necessarie alla tutela dei cittadini». Immediata la risposta dell’Assessore Gianni Rosa, il quale si è mosso per avere notizie dagli uffici Arpab. Le analisi chimiche sono state finanziate dall’associazione Amici Monte Li Foj in particolare da Nicola e Antonio Genovese dai soci e dai cittadini della zona con la collaborazione di Albina Colella, professore ordinario di Geologia all’Unibas. I Monti Li Foj sono un gruppo montuoso, posto nel cuore dell’Appennino lucano, in posizione mediana rispetto ai gruppi montuosi del Santa Croce e della Maddalena. Costituiscono un altopiano la cui cima maggiore misura 1.365 m s.l.m., dominando le valli dei fiumi Marmo e Melandro. A 1.105 metri in località Porco Morto di Picerno si trova il pozzo “incriminato” di cui ci ha parlato la stessa Associazione Amici di Monte Li Foj: «Si tratta di uno pozzo petrolifero che nelle intenzioni della società britannica Enterprise Oil Exploration, nel 1995, avrebbe dovuto essere tra i più profondi al mondo mai realizzato in terra ferma, ricadente nell’ambito del permesso di ricerca di idrocarburi denominato Baragiano. Dei 6.600 metri di profondità previsti, però, si riuscì a scavare “solo” 5000 metri, dopodiché fu abbandonato, pere a causa di un incidente dovuto a un collasso del casing. Nulla di fatto dunque, tant’è che sul sito oggi sorge una chiesetta e persino l’originaria collinetta è stata ripristinata allo stato originale, se una persona passa di qui oggi, non immagina minimamente che nello stesso posto sorgeva un pozzo petrolifero. Cosa è rimasto sotto terra, però, per riempire quei 5000 metri, non sappiamo – e proseguono spiegare- Certo però ci siamo allarmati in questi anni perché in zona siamo un centinaio di residenti ed abbiamo visto aumentare i concittadini residenti che si sono ammalati di tumore (al fegato, al colon, allo stomaco e per leucemia), con oltre 15 decessi anche tra i giovani, mentre attualmente 5 persone sono purtroppo ammalate. Così abbiamo deciso nel mese di novembre di far realizzare due analisi chimiche delle acque di una sorgente limitrofa. Dopo qualche anno dall’abbandono del pozzo, vi fu anche una grossa frana che ci accese un primo campanello di allarme. Sulle analisi di oggi noi non siamo tecnici, non conosciamo valori e limiti che rendono certe sostanze pericolose oltre una certa soglia, per questo ci siamo rivolti alla dottoressa Colella. Intanto, senza fare allarmismi, ma in via precauzionale abbiamo invitato i cittadini a non utilizzare quell’acqua in attesa di ulteriori chiarimenti in merito».

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