Eventi e Cultura

LO SPLENDORE INQUIETO DI ANDREA GALGANO

Presentato a Potenza il saggio letterario del poeta, scrittore e critico lucano

Presentato nella Sala del Cortile del Museo Archeologico Nazionale della Basilicata “Dinu Adamesteanu” di Potenza, in una iniziativa organizzata da  Fondazione Basilicata Futuro e l’Associazione culturale Letti di Sera, in collaborazione con la Scuola di Psicoterapia Erich Fromm di Prato-Padova e il Polo Museale Regionale della Basilicata , il saggio Letterario “Lo Splendore inquieto”   edito dalla Aracne Editrice del Poeta, scrittore e critico letterario e firme di Cronache Lucane  Andrea Galgano è direttore umanistico e docente di letteratura e scrittura creativa presso la Scuola di Psicoterapia Erich Fromm di Prato–Padova, fondatore e direttore responsabile di «Frontiera di pagine magazine on line» e coordina il progetto di ricerca sul senso religioso in Giacomo Leopardi per l’International Foundation Erich Fromm . Il titolo “Lo splendore inquieto” nasce guardando l’increspatura della luce sull’acqua del mare – racconta l’autore Andrea Galgano La bellezza e lo splendor concernono la tenuità, la proporzione, la tensione alla perfezione e infine la claritas come pienezza dell’essere che reca dentro di sé il mistero nascosto e ineffabile che si presenta alla nostra coscienza come bellezza che genera stupore e meraviglia. L’impulso della filosofia platonica per cui «La bellezza è lo splendore del vero» o la fioritura dell’essere per dirla alla Plotino, si insinuano in questo volume che accomuna autori italiani, come Sergio Zavoli, Anna Maria Carpi o Elsa Morante e internazionali, come Tess Gallagher, Philip Schultz, Thomas Bernhard, in un’unica linea ermeneutica e conoscitiva. Lo splendore, inoltre, afferisce anche all’idea di Dio che invade, rivelandosi, nel termine della nostra finitudine, irrompendo nel tempo, nelle cose e nella materia. L’inquietudine è il tempo della creazione e la consapevolezza del limite che ha bisogno dell’Altro, anche quando può negarlo, che ha bisogno di rendere sensibile l’idea,ma che sa attraversare gli abissi della propria coltre finita.

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