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ITINERARI NELLE SORGENTI LUCANE: MISTERO CASUALITÀ

L’acqua modifica, disegna, scolpisce paesaggii; determina esistenze

Di Giampiero D’Ecclesiis

C’è un che di misterioso nell’acqua, sarà che non ha forma propria, sarà che disseta e rinfresca, sarà il rumore che fa quando scorre placida e il ruggito rabbioso di quando lo fa impetuosa, sarà il ricordo ancestrale del liquido amniotico, ma di certo essa affascina tutti e me in particolare.

Il mistero dell’acqua, dove nasce, da dove arriva, la mia professione mi ha messo in stretta connessione con l’acqua, l’acqua modifica, disegna, scolpisce il paesaggio; l’acqua determina le esistenze, le città.Per una parte consistente della mia vita ho inseguito l’acqua, il geologo anzi, meglio, l’idrogeologo fa questo, la insegue, la annusa, la scopre, cerca di svelarne gli arcani, i percorsi occulti, al netto della parte che è tecnica e scienza, inseguire l’acqua ha un che di mistico e nel corso della mia vita  mi ha fatto scoprire luoghi e visioni che sono sconosciute ai più.

Vi racconterò dell’acqua nella mia terra, la Lucania e no, diavolo no, se parlo dell’acqua proprio non riesco a chiamarla Basilicata, la mia terra della luce, la mia terra dei boschi e dei lupi, la mia terra dell’acqua. Una sorgente d’acqua è un miracolo della casualità e della geometria, è il caso che fa si che la superficie incontri una determinata geometria di corpi rocciosi in un certo luogo, che essi ospitino una circolazione d’acqua e che tutto ciò consenta la nascita di una sorgente.

Una sorgente è sempre un luogo mistico e conserva quell’alone anche quando l’uomo ci mette le mani, la cattura, la imbriglia per poterla usare per la sua vita.

La Basilicata è una terra ricca di acqua, le sorgenti sono bellissime, austere come la sorgente Caffaro di Lauria, una esplosione d’acqua, con ciò che rimane delle antiche canalizzazioni che l’avevano imbrigliata per renderla utile al lavoro dell’uomo, oramai catturate dai muschi e la vecchia ruota del mulino bloccata che arrugginisce nel tempo fra schizzi e schiuma.

Il rombo dell’acqua è possente e l’aria tutta intorno ha un odore diverso, un odore buono.

Le sorgenti del Mercure sono di un azzurro inconfondibile, nella grande vasca, costruita per alimentare una piccola centrale idroelettrica, le acque del Monte Pollino, dopo un lungo percorso ipogeo, emergono quiete, bellissime.

Alla potenza delle sorgenti antropizzate, fatta di bottini, di opere, di canali si contrappone il silenzio  sacrale di quelle ancora libere di scorrere così come la natura le ha volute.

L’itinerario che voglio raccontarvi non è lontano da Potenza, il bello della mia città è questo, Potenza è la porta dei parchi, basta pochissimo per arrivare ai boschi, alle montagne, alle sorgenti bellissime che caratterizzano la nostra terra.

Dal Potenza ci vogliono una trentina di chilometri per arrivare in località La Maddalena e di lì avviarsi percorrendo la strada fino alla Piana del Lago per poi seguire gli itinerari fino alla Madonna del Saraceno.

È un susseguirsi di sorgenti meravigliose, dalla piccola e odorosa Sorgente sulfurea della Terra, alle Pietre Caldane, all’Acqua delle Bocche, alla Fontana del Sambuco, passando per l’Acqua dell’Abete, fino alla monumentale e capricciosa sorgente Acqua di Colantonio, a poca distanza dalla Madonna del Saraceno.

E’ un percorso di una ventina di chilometri da fare in auto, in moto, in bici, a piedi magari tagliando per qualche sentiero nel bosco, di una bellezza senza pari.

Io lo faccio a piedi, come un pellegrino, in questi luoghi i boschi e le acque che emergono misteriose dal sottosuolo hanno un che di sacro che si può cogliere pienamente solo camminando, è il silenzio rotto da un crepitio di legno, o magari un picchio o un gufo che chiama da lontano. Le vie dell’acqua sono battute, le riconosci e, se sei un poco allenato, le segui col naso, con la pelle, avverti le variazioni di temperatura, di umidità e quando sei vicino il rumore argentino dell’acqua che scorre e gorgoglia.

La Piana del Lago d’inverno è uno spettacolo di ghiaccio, attraversato il lago ci si può inerpicare su verso la Serra di Calvello e verso le vette, ma questo è un altro racconto, noi piegheremo a sud costeggiando il monte verso l’Acqua dell’Abete.

Emerge dal bosco, da una piccola captazione, tutta intorno un’area attrezzata, tavolini, barbecue che attendono solo gli ospiti per espandere i loro profumi di arrosto.

La Sorgente Acqua dell’Abete è bellissima eppure violata, è uno dei segnali dolenti che qui, nel bel mezzo del bosco più bello, c’è qualcosa che non va. Alle spalle della sorgente l’installazione del pozzo petrolifero Cerro Falcone non si vede, è sommersa nel bosco, occultata come una ferita che sanguina ancora.

Lungo il fosso emergono fanghi rossastri, metalli, sostanze che in quel bosco no, proprio non dovrebbero esserci e che sono i testimoni muti della stupidità umana, le abbiamo anche studiati quei fanghi rossastri, campionati, analizzati, abbiamo consegnato i risultati a chi avrebbe dovuto occuparsene. Non se ne è saputo nulla. Oggi i fanghi, meno abbondanti del passato, continuano ad emergere, mi domando se la natura, da sola, non stia provvedendo a sanare le sue ferite.

Non c’è nessuno che si sia preso a briga di continuare ciò che avevamo fatto e di sciogliere i dubbi.

Ed è questa la Basilicata, quella amministrativa, assai diversa dalla mia Lucania che è fatta di sogni.

Scendendo verso sud si abbandonano le malinconie, il percorso verso la Fontana del Sambuco è entusiasmante, si cammina con i piedi nelle foglie dell’inverno passato, tra i tronchi di faggio, cercando di non far rumore e tendendo l’orecchio.

Ad un tratto un suono argentino, è la risata di una ninfa, che si fa burla dei visitatori nascosta tra i rami, che si fa gorgoglio e la Fontana del Sambuco emerge dalle foglie in un piccolo catino di terra scavato dagli uomini. E’ fredda di nevi sciolte, pura di montagna.

Si può rimanere un po’ seduti attorno a questa sorta di focolare al cui centro non brilla il fuoco ma gorgoglia l’acqua, interrogarsi sul mistero del suo percorso sotterraneo e provare ad inseguirla a ritroso su fino alle vette della Serra di Calvelluzzo, dove il vento è teso anche d’estate e d’inverno la coperta di neve prepara le acque per la nuova stagione.

Dalla Fontana del Sambuco alla sorgente Acqua delle Bocche sono circa 4,5 chilometri, da percorrere lungo la strada immersi nel bosco, dopo un chilometro circa se si imbocca un sentiero sulla destra della strada, in pochi passi, si arriva al lago Citone, subito a valle un piccolo punto di ristoro che, se si è fortunati, in estate è aperto e ospitale.

L’acqua del laghetto è un cristallo trasparente, segno inequivocabile che esso altro non è che un punto di emersione nel lungo percorso sotterraneo che le acque della montagna fanno verso le sorgenti.

La sorgente Acqua delle Bocche è generosa ma richiede lo sforzo di abbandonare la comoda strada asfaltata e scendere lungo un tratturo sterrato, si attraversano prati silenziosi dove il crepitio degli alberi al vento è un sussurro che vi accompagna fino alla sorgente.

Sbocca da una piccola presa, un largo fiotto gelido di acqua trasparente, serpeggia tra le argille e scompare in fretta tra gli alberi.

Il luogo è freddo, sarà la potenza della sorgente, sarà l’ombra della montagna, la posizione della sorgente induce visite brevi, è ora di affrontare il percorso fino all’Acqua di Colantonio, la regina delle sorgenti del mio itinerario, una sorgente tanto sontuosa quanto capricciosa.

L’Acqua di Colantonio sgorga da una serie di polle nel bosco che rapidamente confluiscono in una vera e propria piccola cascatella che gioca tra rocce ed alberi e scende impetuosa verso la strada.

Una sorgente bellissima, ricorda un po’ le cascatelle che Vanvitelli volle per adornare la Reggia di Caserta ma qui non c’è la mano dell’uomo, l’unico architetto è la natura ed il risultato è mirabile.

E’ capricciosa l’Acqua di Colantonio, ad un certo punto dell’anno, quando la stagione si fa più asciutta, scompare, si nasconde e rimane in attesa delle nevi di inverno, attende che la stagione fredda si inoltri e solo a fine marzo riemerge dal suo nascondiglio sotterraneo per ridar vita allo spettacolo.

Il viaggio lungo l’itinerario delle sorgenti è quasi finito, resta solo di andare al Santuario di Maria SS. del Monte del Saraceno, arroccata come un falco su un picco roccioso che domina la vallata verso Calvello.

Da maggio a settembre vi fa sosta la statua lignea della Madonna che viene portata su dai fedeli, la seconda domenica di maggio una processione si inerpica lungo i sentieri trasportando “la Caggia” che è un’urna di legno intarsiato in cui è racchiusa la statua della Madonna o ciò che ne rimane dei pezzi originali, rimessi insieme con la carta pesta da un artigiano napoletano dopo i danni subiti a seguito del terremoto del 1857.

La Madonna del Monte Saraceno è stata incoronata il 9 settembre del 1947, le corone della Madre e del Bambino furono realizzate con  due chili di oro raccolti tra i devoti del Santuario e trafugate da mani sacrileghe nel 1952 e nel 1981, ma l’amore dei calvellesi ha saputo restituire tutte e due le volte ciò che era stato sottratto.

La sera prima della processione si accendono i “focanoi” simbolo di rinnovamento e purificazione e si rinnova il desiderio della comunità di ritrovarsi di stare insieme, a settembre la processione riporta la statua in paese, si ripete il rito al contrario.

Finisce il nostro itinerario e il mio racconto, un’ultima curiosità, nei pressi del Santuario c’è una piccola grotta, si racconta di un eremita che abitava lì, prima di andar via fermatevi in silenzio sui gradini di pietra che portano al Santuario, il vento, tra gli alberi, vi bisbiglierà con la voce dell’eremita una preghiera di buon augurio per il viaggio.

ITINERARI DELL’ACQUA

Itinerario 1 (blu) – da La Maddalena e Piana del Lago.

Pianeggiante, lungo la strada provinciale, circa 2 km

Itinerario 2 (rosa) – da Piana del Lago a Acqua dell’Abete)

Parte in piano, parte di discesa, distanza circa 6,5 Km a metà circa dell’itinerario interseca la deviazione per Calvello e l’itinerario giallo verso la Sorgente Sulfurea della Terra.

Itinerario 3 (ciano) -da Acqua dell’Abete a Fontana del Sambuco)

Pianeggiante, nel bosco, presenza di indicazioni lungo il tragitto, distanza Km 1, interseca in località Il Casone l’itinerario 4

Itinerario 4 (giallo chiaro) -da località Il Casone a lago Citone, lungo la strada, all’incirca 1 km

Itinerario 5 (ocra) – da Lago Citone a Acqua delle Bocche, distanza all’incirca 3,6 Km

Itinerario 6 (verde) – da Acqua delle Bocche a Acqua di Colantonio, distanza circa 800 m

Itinerario 7 (rosso) – da Acqua di Colantonio alla Madonna del Saraceno, distanza 800 m

Itinerario 8 (giallo scuro) – da bivio per Calvello a Sorgnete Sulfurea della Terra, distanza circa 4 km

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