Blog

PONTE di RICCARDO MORANDI in GENOVA: AUTOSTRADE PER L’ITALIA POTREBBE CHIEDERE DANNI PER VIZI OCCULTI ?

Pochi tiranti, struttura poco robusta, soluzioni non sicure. Sulla robustezza e sulla sicurezza del viadotto sul Polvecera era stato uno studio ad accendere i fari nel 2013: a redigerlo Pier Giorgio Malerba, docente di Tecnica delle Costruzioni al Politecnico di Milano e nominato consulente della Procura di Genova, dopo la tragedia del crollo del 14 agosto scorso.

Ponte Morandi, Autostrade potrebbe chiedere i danni?
Pochi tiranti, struttura poco robusta, soluzioni non sicure. Sulla robustezza e sulla sicurezza del viadotto sul Polvecera era stato uno studio ad accendere i fari nel 2013: a redigerlo Pier Giorgio Malerba, docente di Tecnica delle Costruzioni al Politecnico di Milano e nominato consulente della Procura di Genova, dopo la tragedia del crollo del 14 agosto scorso.
Cinque anni fa, Malerba pubblicava, appunto, uno studio dedicato al Ponte Morandi per la rivista scientifica internazionale Structure and Infrastructure Engineering intitolato ‘Diagnosi e riparazione di vecchi ponti’. “Il numero limitato di tiranti del viadotto Morandi rende l’intera struttura poco robusta e le azioni di manutenzione piuttosto difficili. Inoltre il calcestruzzo non appare come una soluzione sicura per gli elementi in tensione…”, evidenziava lo studio che prendeva le mosse dall’intervento di riparazione straordinaria del 1992-1994 eseguito dall’ingegner Francesco Pisani.

 

 

La perizia in Svizzera: tiranti degradati
Ed è proprio questa analisi, secondo alcune valutazioni, che potrebbe consentire ad Autostrade di chiedere i danni al ministero delle Infrastrutture e Trasporti per vizi occulti nella costruzione dell’opera.

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright Adnkronos

 

 

 

Newsletter Il Secolo XIX

I trefoli del reperto 132 che secondo quanto ricostruito dalle indagini si sarebbe staccato provocando il cedimento del Morandi la parte del ponte che sarà smontata tra oggi e domani mattina, 9 febbraio Il premier Conte e Toninelli a Genova per il via alla demolizione del Morandi

Genova – Il dossier sullo stato di corrosione di vari reperti del ponte crollato, redatto da un laboratorio svizzero, è stato (finalmente) tradotto dal tedesco, dopo due mesi. Ma uno dei legali di Autostrade per l’Italia ha contestato la traduzione disposta dal tribunale, non avendovi potuto partecipare con un proprio consulente. Risultato: il giudice ha dovuto rinviare l’udienza dell’incidente probatorio, prevista ieri, al 15 febbraio, quando sarà nominato un nuovo traduttore, stavolta condiviso.

Significa non solo che ci sono voluti 60 giorni per fornire una versione comprensibile dell’informativa; ma che ora bisogna rifarla daccapo, con il rischio di ulteriori dilazioni sulla perizia finale, motivo per cui i familiari delle vittime hanno protestato.

È una delle novità fondamentali emerse ieri dall’inchiesta sulla strage, mentre l’esito degli accertamenti condotti nel laboratorio Empa di Zurigo hanno comunque evidenziato gravi problemi al ponte, materializzatisi ben prima dello scempio: «Tutti i trefoli e i fili mostrano segni di corrosione di diversi gradi. Alcuni palesano una perdita totale della sezione trasversale, dovuta alla corrosione nella zona terminale. Ciò indica un processo di degrado in atto da molto tempo».

Nel mirino finiscono in particolare i tiranti con anima in acciaio (a quella parte appartengono fili e trefoli) e guaina in calcestruzzo. E nelle 172 pagine viene evidenziato come il ponte Morandi crollato il 14 agosto (43 vittime) mostrasse segni di deterioramento impossibili da ignorare. «I numerosi frammenti – aggiungono gli esperti – indicano una certa fragilità dei singoli fili. E i medesimi frammenti potrebbero essersi separati per la perdita totale della sezione trasversale dovuta alla corrosione».

© Riproduzione riservata

Ponte Morandi, l’evidente stato di ottima salute delle parti non crollate

Doloroso rievocare la tragedia immane del parziale crollo del Ponte Morandi sul Polcevera a Genova avvenuta il 14 agosto 2018 e che ha strappato ai loro cari quarantatré persone che il caso ha voluto si trovassero nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ma proprio ieri, mentre guardavo i video dello smontaggio del ponte, mi sono tornate alla mente una serie di considerazioni che vorrei condividere.
Di là delle inevitabili polemiche seguite al crollo, rivolte nel cercare i colpevoli e i responsabili del disastro così da assicurarli alla giustizia o, per molti, direttamente alle patrie galere, è poi andato in scena un imbarazzante sceneggiata alimentata da improvvidi e incompetenti ministri che sproloquiando e maldicendo ne hanno dette di tutti i colori ma, ancor peggio, preso decisioni in tutta fretta e, forse, nella direzione sbagliata.

 

Dopo l’apparizione sullo stesso palco dell’autoincaricatosi risolutore del tutto, il collega architetto Renzo Piano (trascurando e tralasciando fiumi di normative oltre a tutta una serie di aspetti legati alla deontologia professionale e alla libera concorrenza), si è avviato in maniera unidirezionale il processo di sostituzione del Ponte Morandi avendo l’architetto Piano “regalato” il progetto di un nuovo ponte innescando così il percorso di demolizione e ricostruzione. Non un dubbio, non una domanda, non un riferimento all’esimio ingegnere che progettò il ponte a suo tempo, non un’analisi concreta sui costi, nessun dubbio sul demolire interi quartieri, non un dubbio se il suo progetto fosse il migliore e il meglio ingegnerizzato possibile, nulla…solo spocchia e presunzione altezzosa. Poi, peggio, per tentare di dare un barlume di serietà alla cosa, le autorità genovesi hanno frettolosamente proceduto a indire un concorso ad invito che, guarda caso, ha visto come vincitore proprio il progetto di Renzo Piano.

Va detto che alcuni dei progetti presentati prevedevano non l’abbattimento totale del Ponte Morandi ma il suo recupero con l’integrazione di quanto crollato perché, evidentemente, la demolizione di quanto ancora in piedi, la quasi totalità, non era stata ritenuta necessaria. Ciechi e sordi i politici e gli amministratori locali hanno comunque proceduto sulla via della demolizione e ricostruzione dell’intero ponte nonostante che centinaia di ingegneri e architetti, non solo italiani, e di chiara fama, avessero espresso apertamente il loro dissenso presentando relazioni e documenti in favore del mantenimento del Ponte Morandi anche perché ritenuta un’opera di alta ingegneria che andrebbe salvaguardata.

Il fatto che una larga parte del Ponte sia tuttora in ottime condizioni lo ha reso evidente l’osservare la modalità di demolizione utilizzata che ha visto il taglio di un tronco, appeso e sospeso con dei cavi d’acciaio e, poi, calato a terra dall’alto, utilizzando come appoggio, appunto, le pile esistenti. Quindi i tecnici incaricati e gli operatori specializzati hanno ritenuto che le pile potessero sopportare sia il peso dei macchinari sia il calo del troncone dal peso di circa 800/900 tonnellate che durante la sua lenta discesa imprime alle pile di sostegno impressionanti sollecitazioni torcenti di gran lunga maggiori ai carichi prodotti dal traffico veicolare spesso imputato quale causa del disastro (va precisato che la pila 8 è stata contrappesata con una zavorra di 350 tonnellate per contrastare le enormi forze in gioco).

Il fatto che le pile siano state ritenute idonee a sopportare tutto ciò, e i fatti lo confermano, dimostra la grande capacità dell’ingegner Morandi nell’aver concepito un’opera d’ingegneria altamente articolata che di fatto resiste anche a sollecitazioni diverse dal comune scopo per cui fu immaginata; quindi perché demolirlo?
Ritengo che cancellare il Ponte Morandi, demolendolo completamente, sia un grave errore soprattutto perché molte parti sono ancora in ottimo stato, come dimostrato da chi ci sta lavorando sopra, e credo anche che la fretta, in questo e altri casi, sia stata una pessima consigliera.
Un politico che non sa scegliere nel suo entourage degni e preparati consiglieri è destinato al fallimento e a far fallire chi governa ma, peggio, il politico che non sa fare memoria della storia del proprio paese e delle sue trascorse vicende e preferisce sempre e comunque sostituire diversamente dal chiedersi cosa sia meglio che i giovani sappiano del loro passato, salvaguardandolo, se possibile e ragionevole, commette lo stesso inaccettabile errore di chi per anni ha occultato la verità sulle foibe o sulle “marocchinate” e, purtroppo, l’elenco potrebbe essere molto lungo…

Arch. Giancarlo Gatta*

 

Forlivese (1965), architetto, laureatosi all’Università degli Studi di Firenze con una tesi su “Piani urbani e forma della città – Forlì e la realizzazione di viale della Libertà”, rivelando, già allora, il suo vivo interesse verso gli sviluppi dell’architettura contemporanea dalle avanguardie ai giorni nostri. Docente a contratto per oltre dieci anni all’Università degli Studi di Bologna, Facoltà di Architettura “Aldo Rossi” di Cesena, affianca all’attività, ormai ultraventennale, di libero professionista, quella di ricercatore storico nel campo dell’architettura e dell’urbanistica. Ha contribuito alle seguenti pubblicazioni: Laura Tartari, “Gli oltre sette secoli degli Orfanotrofi di Forlì. Storia e memoria di una realtà locale (1999)”; Ulisse Tramonti e Maria Cristina Gori (a cura di), “Palazzo Morattini un tesoro nascosto (2006)”; di quest’ultimo edificio ha curato il progetto di restauro, relativo al piano nobile. Nell’ambito dell’attività di restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione ha progettato e coordinato il recupero della ex Casa del Fascio a Pievequinta di Forlì, lavoro che gli è valso la Menzione d’Onore alla “Festa dell’Architettura Forlì-Cesena 2014”, organizzata dall’Ordine degli Architetti della provincia forlivese. Su tale intervento di restauro ha pubblicato anche il volume “Il restauro della ex Casa del Fascio a Pievequinta di Forlì (2015)” con introduzione curata dal prof. arch. Giorgio Muratore dell’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma. Nel 2017 ha curato e pubblicato con Franco D’Emilio il volume “Predappio al tempo del Duce – Il fascismo nella collezione fotografica Franco Nanni”, raccolta di immagini, recentemente riconosciuta dallo Stato di interesse storico nazionale. Il 2018 lo vede pubblicare il volume “Predappio. Il racconto di un progetto compiuto, 1813 – 1943”, che rappresenta lo studio analitico-documentale della nascita e sviluppo del nuovo centro urbano pedemontano, per come oggi possiamo visitarlo.

 

 

Social Media Auto Publish Powered By : XYZScripts.com
error: Contentuti protetti