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N COME NOSTALGIA

Seguendo le costellazioni, dal Nord di Nostos al Sud di Spes

di Rosella Corda (PhD Filosofia e Storia)

Questa settimana orienteremo la bussola del cuore a Nord? N come Nostalgia: ovvero al freddo dell’inverno incipiente? Se qualcuno mi avrà letto, avrà anche notato come a ogni lettera e dunque a ogni parola tematica, corrispondano una o più parole da corollario, acostituirne, in effetti, la spiegazione. Un corollario rappresenta proprio un’aggiunta o una deduzione rispetto a un concetto. Quindi il tema e le sue variazioni vengono tracciati secondo una mappa: una rete che biforca e annoda. Il tentativo di significare percorre questa ragnatela senza alcuna possibilità di esaurirne gli sviluppi virtuali, mentre il ragno – che è la coincidenza asintotica, cioè tendenziale e mai di fatto totalmente praticabile, di chi scrive e chi legge – insegue la sua preda: il senso.

Qui si parla spesso di sentimenti, proprio perché non c’è niente di più problematico e affascinante del tentativo di significare il sentire, ovvero porre mente al cuore, per dirlo con una metafora – d’altronde,cosa ci rimane, se escludiamo le metafore? non ci rimarrebbe parola sensata. Avremmo solo segni arbitrari, privati anche di quella arcaica animalità di fondo che è il senso dell’olfatto, quel fiutare la verità, ovvero la preda – e la vita. E se l’obiettivo è il cuore, che significa un cuore a Nord? Ci sono mappe che portano al freddo, ma solo per ritrovare lì il tepore più antico, quello che ci scalda in maniera assoluta.La Nostalgia ci parla forse di questo desiderio di calore assoluto?La parola risulta derivare dal greco ed essere composta da due termini: NOSTOS e ALGIA. Il primo termine è particolarmente interessante. La radice NAS-, che significa “andare a casa” e “abitare”, si ritrova anche nel sanscrito come SAM-NAS-E, significando “vengo presso qualcuno”. NOSTOS, allora, intende solo un movimento di ritorno-presso? In realtà intende non solo il movimento, ma anche il movente: l’attrazione esercitata dall’origine. Si tratta, qui, di ritornare a casa. O, meglio, di desiderare il ritorno all’origine come luogo di derivazione suprema: il porto sicuro, il riparo, la riva da cui ogni deriva tenta di ridurre la distanza abissale. Si tratta, dunque, di riavvolgere il nastro di tutte le partenze e riportarle al cuore della pulsazione primaria, il battito che fonda ogni ritmica. Ripetere il ritornello del nascere. Desiderare questo è desiderare quel luogo dove ci si sente a casa, dove si ritrova la forza di rinascere. Molto più intimo che patria o nazione. I greci utilizzavano il termine èthos per indicare (a seconda della grafia con epsilon o eta) sia l’abitudine che il carattere. Eticoindica il “dove” di questo tornare, che potremmo intendere come qualcosa con cui si ha consuetudine e come l’inclinazione propria del carattere: il tornare al sé, tornare a se stessi, alla propria origine e al proprio destino. In una parola, ritrovarsi e lasciar rifiorire quel profilo unico che siamo – il nostro carattere. Ma questa parola, “nostalgia”, è una parola composta. Qual è il pathosdi questo èthos? ALGIA, da ALGOS, significa “dolore”. Il tono di questo desiderio è malinconico. Con una parola moderna potremmo dire che questo è un ritmo blues. La nostalgia, allora, canta il bisogno di casa più che il desiderio di casa? Ci racconta di uno sradicamento e dell’impossibilità, sofferta, di un ricongiungimento e del conseguente ineludibile disagio esistenziale di un vivere da esuli, da stranieri, come chi non può ritrovare la forza e il carattere di rinascere (ritrovarsi)? La malinconia è una miscela straordinaria di bisogno e desiderio. Ripiegamento negativo e slancio inventivo: tentativo di ritrovare la strada del ritorno e anche uscire dal labirinto delle derive. Il punto, però, è che per uscire dal labirinto della nostalgia occorre percorrerne fino in fondo le vie e, nell’impossibilità di ritrovare l’origine, intatta com’era, cogliere la chance di costruzione di una nuova casa. Ritornare sì, ripetere sì, ma rinnovando. Occorre allora trasvalutare la nostalgia nel suo contrario. Fare tutto il giro del cuore e tornare a Sud. S come Speranza. Il contrario della nostalgia è la Speranza. Questa parola viene dal latino SPES, vicina alla radice ariana di SPA- con il significato di “tendere” e “tendere verso una meta”, ma anche “trarre”, “stendere” (da cui molte parole quali l’inglese to speed, accelerare). C’è insomma uno spazio della speranza, che non è semplicemente quello dell’aspettativa, che ci apre a qualcosa che, per l’appunto, si può sperare e non calcolare. Lo spazio della speranza ha a che vedere con quella “distensione dell’animo” che è il tempo e il tempo coniugato al futuro. Se la nostalgia è un bisogno di ritorno, riportando il cuore al Nord del passato – e di un passato remotissimo; la speranza è quel desiderio profondo che invece dischiude il futuro. Come però c’era qualcosa di “caldo” in quel Nord, ovvero il bisogno di ritrovare un tepore antico e rassicurante – salvo poi rendersi conto che tale confort è in realtà irraggiungibile; così c’è del “freddo” in questo Sud. Non si tratta, infatti, nella speranza, di qualcosa che si possa pre-vedere. Il desiderio di futuro cela sempre in sé una ineludibile incertezza – che poi, in fondo in fondo, è ciò che rima con l’irragiungibilità dell’origine. Sperare richiede coraggio. Ma quale coraggio? Il coraggio in vista di ciò che non si conosce – e quindi il coraggio per il non-ancora.  Qualcuno direbbe fede, qualcun altro fiducia. Il punto è trasvalutare il bisogno in desiderio. Se il bisogno ci concentra e ci reclude in un “non” totalmente privativo, il desiderio è ciò che ci apre a un “non” denso di opportunità da cogliere. De-siderare è appunto una parola che mira alle stelle, da -sidus. Desiderio di speranza vuol dire allora aprirsi a uno spazio siderale, fatto di punti di riferimento (le costellazioni) utili a orientare la bussola del proprio cammino verso il futuro. Coniugare il destino nel verso e nel senso di quel non-ancora da costruire, con coraggio.

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