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UN SOLO GRIDO RITMATO “RIACE NON SI ARRESTA”

L’ anima vera sono gli immigrati che alla testa del corteo, dietro il grande striscione “Riace non si arresta”, scandiscono a una voce e con il ritmo che solo loro sanno tenere “Mimmo libero, Riace non si arresta”, ripetuto ossessivamente.

La testimonianza di FILIPPO PUGLISE sulla manifestazione “Riace non si arresta”

Sotto un cielo grigio Riace si riempie di mille colori. Sono i colori vestiti dai manifestanti che portano solidarietà a Mimmo Lucano.

L’ anima vera sono gli immigrati che alla testa del corteo, dietro il grande striscione “Riace non si arresta”, scandiscono a una voce e con il ritmo che solo loro sanno tenere “Mimmo libero, Riace non si arresta”, ripetuto ossessivamente.

È lo slogan del corteo, l’unico che si sente per tutta la durata e che zittisce gli altri slogan appena accennati.

 

 

Fortissimi questi immigrati, uomini e donne; legatissimi al loro sindaco portano la determinazione di chi ha subito ingiustizie e sa di essere sotto attacco.

Però non c’è rabbia nei loro occhi e nelle loro espressioni, c’è invece una contagiosa dolcezza che si scioglie nel canto ormai conosciuto in molte parti del mondo: Bella ciao. Ci sta questa canzone, sottolinea bene la voglia di resistere a vecchi e nuovi fascismi.

Provengono da Nigeria, Somalia, Mali, Kurdistan,Gambia, Togo, Ghana, Pakistan, Siria, Palestina, Camerun, Afganistan.

Sono 165, arrivati qui fin dal 1998, profughi e integrati che hanno dato valore al modello Riace: accoglienza e integrazione. I primi furono cittadini curdi arrivati per caso sulla costa di Riace, con un battello portato dal vento -come racconta Mimmo Lucano-, e provocarono nel sindaco quella “folgorazione” umanitaria che diventerà nel tempo di venti anni una pratica di integrazione sociale osservata, studiata, amata e odiata,esaltata.

“Il mondo lo adora, l’Italia lo arresta” recita uno striscione e un altro ancora “non può esserci accoglienza senza integrazione” sembra essere il cuore di un’esperienza che ha fatto storia.

Lento, a tratti a spezzoni il corteo dei mille colori riempie le vie del paese.

Non c’è il servizio d’ordine, rigoroso e efficiente, come nei cortei dei partiti e dei sindacati; spesso si deborda e si interrompe per poi riprendersi in un incoraggiante fai da tè.

Due i luoghi programmati: la casa di Mimmo Lucano, dove è costretto ai domiciliari, e l’anfiteatro dove si ascolteranno diverse testimonianze.

Lo sguardo sul corteo dà la fotografia dei gruppi partecipanti con le loro bandiere: le Acli, l’Arci, la Cgil, l’Anpi, Libera, l’Associazione per la Pace, l’Auser, Legambiente, Usb, Potere al Popolo, Liberi e Uguali, Partito Comunista dei Lavoratori, Rifondazione Comunista.

Tutti insieme, seimila persone in un fiume di solidarietà.

Sono i ribelli, i contrari, uomini e donne, giovani e meno giovani, che non si arrendono di fronte ai nuovi fascismi, che credono in un sogno di umanità da costruire insieme agli immigrati.

Tutti oggi a Riace vivono un giorno destinato a entrare nella Storia, tra la Giornata della Memoria per la tragedia di Lampedusa e la Marcia Perugia Assisi.

Movimenti e Partiti che sono i pezzi di una sinistra frammentata e divisa, che non si parlano tra loro, che non dialogano, che si guardano con sospetto, ma che Riace ha messo insieme per affermare che è sui valori della condivisione e dell’integrazione, sugli ideali della solidarietà, della tolleranza e del bene comune che si può costruire l’unità.

Chi si oppone al modello Riace ha detto che “le Associazioni hanno fatto con gli immigrati ricchi affari”.

Bolsa e insolente considerazione, incapace di vedere l’unico arricchimento che esse custodiscono: il volontariato, la solidarietà, l’uguaglianza, l’umanità.

All’orgoglio di esserci a Riace, alla meraviglia di essere in tanti si aggiunge l’emozione.

Grande emozione nel corteo quando si arriva sotto la casa dove il sindaco è agli arresti.

Gli slogan gridati con più forza, il ritmo più accelerato dato dai suoi immigrati, i tamburi che battono il tempo, lo sventolio incessante delle bandiere, gli sguardi che fissano la finestra della sua casa e la aprono, costringono il sindaco ad affacciarsi.

Qui si trattiene lungamente, poi la sua mano va ad asciugare il pianto dei suoi occhi e, non più resistendo, alza il braccio sinistro in un saluto a pugno chiuso: è il suo saluto, è il saluto dei manifestanti.

Il corteo a quel punto si gonfia, si allarga in un ambito che non può contenere tutti e,allora, chi si sente appagato da quel saluto comincia a defluire verso l’anfiteatro.

 

Alla spicciolata, non più in corteo, facendosi guidare dalla gente, amabilissima, del posto si passa per vie larghe e strette davanti alla Casa Comunale,aperta a tutti per l’occasione, e si arriva all’anfiteatro che con le gradinate dai colori arcobaleno sembra una grande tavola della pace.

Qui i messaggi del Vice Sindaco di Riace, dei Sindaci intervenuti, degli immigrati, degli operatori affermano l’impegno a proseguire il Modello Riace e rinnovano la solidarietà al Sindaco per il provvedimento di restrizione ritenuto veramente eccessivo.

La lettera aperta di Mimmo Lucano ai manifestanti, capolavoro di semplicità e di umanità, viene letta pubblicamente. Parla di “un travolgente fiume di solidarietà ” e invita a “non tirarsi indietro”, augura a tutti di “poter avere il coraggio di essere soli e l’ardimento di stare insieme sotto gli stessi ideali; di poter essere disobbedienti ogniqualvolta si ricevono ordini che umiliano la nostra coscienza”.

È la bellissima chiusura di una bella manifestazione.

{di Filippo Pugliese Acli Provinviali Potenza}

 

 

Domenico Leccese 

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