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IL POETA FRANCO ARMINIO SCRIVE AL PREMIER GIUSEPPE CONTE

Il governo potrebbe creare un po’ di attenzione intorno a questi luoghi a costo zero, non lasciate che diventino discount della vita civile

Il poeta scrive al premier :  La mia lettera dai paesi che si spopolano

Il governo potrebbe creare un po’ di attenzione intorno a questi luoghi a costo zero, non lasciate che diventino discount della vita civile

di Franco Arminio

Caro Conte

l’idea di scriverle questa lettera mi è venuta a Carlantino. È un paese che forse lei conosce, non dista molto dal suo. Pensavo a lei percorrendo la strada da Carlantino a Colletorto, dalla Puglia al Molise. Ora in questa strada non accade nulla di eccezionale, a parte le buche: sono pochi chilometri di un’Italia senza capannoni e officine e palazzine e pompe di benzina. Ma è anche un’Italia senza vacche e senza trattori, è una sorta di limbo inoperoso, un punto cieco. Come sanno tutti, il mondo è pieno di luoghi di questo tipo, in Italia sembrano particolari, diventano quasi luoghi solenni, lirici, perché siamo abituati a territori sempre in qualche modo urbanizzati: ormai il vuoto è la merce più rara che abbiamo. A Carlantino c’era un ragazzo di quindici anni che mi ha parlato di Di Maio e Salvini. Per lei sarà una notizia confortante: i suoi ministri più importanti sono diventati molto noti e questo grazie alla politica delle dicerie a cui si è ridotta la politica in Italia: quasi sempre non si commentano provvedimenti legislativi, ma dicerie.

 

Le «buone dicerie»

Ecco, io non le chiedo leggi per i piccoli paesi, non credo siano necessarie. Forse non è necessario neppure dare i soldi ai ragazzi disoccupati o alle anziane che vivono da sole nei piccoli paesi. Io penso che sia necessario mettere in giro delle buone dicerie su questi luoghi. Le sembrerà paradossale, ma credo che servano più fiori che opere di bene. Lei, per esempio, potrebbe indire un consiglio dei ministri a Carlantino. E se le sembra troppo di parte, può scegliere un luogo dell’Aspromonte o dei Sicani. Se poi non vuole irritare la Lega può pensare al Friuli Venezia Giulia o alla provincia di Cuneo. In Italia i paesi spopolati sono equamente distribuiti. Una buona idea sarebbe anche fare un consiglio dei ministri a Camerino. A me sembra incredibile che un paese tanto importante sia stato chiuso dopo il terremoto e non ci sia nessuna idea di quando verrà riaperto. Le dicerie che le chiedo non avrebbero nessun peso sul debito pubblico. Io penso a cose come un invito ai cittadini a comprare casa nei paesi: al mio paese è in vendita per 25.000 euro una bella casa a tre piani, nuova e ammobiliata. Lei sa bene che settembre è un mese difficile nei paesi: si sente il vuoto di chi se n’è andato e di chi continua a non venire. Forse il suo governo potrebbe invitare i ragazzi a considerare le opportunità legate all’agricoltura. E non mi stanno bene le storie di chi dice che non si guadagna abbastanza. È che l’agricoltura porta sacrifici, ma è un sacrificio anche fare il cameriere a Londra o il presunto artista a Berlino. Quello che manca è una diceria che porti i ragazzi a vantarsi di restare piuttosto che di partire.

Il rischio «discount»

Caro Conte, lei e il suo governo potrebbero supplire, a costo zero, a creare un poco di attenzione intorno ai paesi. Quando ho chiesto al ragazzo di Carlantino chi era venuto a cantare questa estate, lui mi ha risposto Jovanotti. Quando ha visto lo stupore sul mio viso subito ha aggiunto: il sosia. È brutto che questi paesi diventino una specie di discount della vita civile. Luoghi che erano focolare e grembo di tutti e ora rischiano di apparire il museo delle porte chiuse, dove ci vuole un’ora per andare a scuola o per trovare un ospedale, luoghi dove gli scoraggiatori militanti trovano ogni giorno conferma della loro poetica. Ecco, i paesi italiani hanno diritto a essere percepiti per quello che sono: luoghi del mondo, che non stanno né avanti, né indietro, luoghi che possono avvilire ed esaltare, che contengono opportunità e pericoli, come tutti i luoghi del mondo. Nella miseria spirituale dilagante e nella penuria di risorse economiche, un buon governo è quello che produce visioni, sentimenti, passioni civili. Quello che mi colpisce del cosiddetto governo del cambiamento, è l’assoluta mancanza di quelle che una volta si chiamavano spinte ideali. Una nazione non si costruisce cacciando i neri o pensando ai portafogli delle varie corporazioni. Nel caso dei paesi è davvero solo questione di porre un minimo di attenzione, è come se il governo dovesse solo dare un cenno di saluto, una pacca sulla spalla. Se poi volete fare di più, le ricordo che c’è una strategia nazionale delle aree interne, concepita a suo tempo da Fabrizio Barca. È uno strumento importante per dare risposte concrete ai paesi più in difficoltà. Ci mette mezz’ora a informarsi e a informare anche Di Maio e Salvini.

Buon lavoro.

 

6 ottobre 2018 (modifica il 7 ottobre 2018 | 08:53) © RIPRODUZIONE RISERVATA

I commenti a caldo :

 

Biagio Velardi Ieri alle 08:24 :

Una bella riflessione quella di Franco Arminio. Io aggiungerei che invece di pensare al reddito di cittadinanza che è una boiata pazzesca, una specie di elemosina all’italiana ci sarebbe voluto un grande piano nazionale per ripopolare i piccoli comuni oggi desertificati. Chi apre un’attività economica in un piccolo comune è un eroe civile, una persone che svolge un servizio per la comunità. Questi esercenti dovrebbero avere tassazione zero e andrebbero insigniti di una medaglia al valore. Invece vengono vessati allo stesso modo forse anche di più che nelle città e mano mano i paesi si spopolano. Perchè non pensare ad una flat tax nelle zone economicamente depresse nelle realtà sotto i tremila abitanti! Vivere nei piccoli comuni dovrebbe perlomeno essere economicamente conveniente!

Giovanni Petruzzi Ieri alle 09:41 :

Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti“, scriveva Cesare Pavese nel suo ultimo meraviglioso romanzo “La luna e i falò”. I nostri suggestivi paesi, purtroppo, si stanno spopolando e bene ha fatto lo scrittore Franco Arminio a riproporre all’attenzione pubblica nazionale, con questa lettera aperta al Presidente Giuseppe Conte, la questione della desertificazione e della crisi demografica che affligge i piccoli borghi italiani. Non credo, però, che la grave problematica possa risolversi esclusivamente con le buone dicerie. Occorrerebbe varare un piano straordinario per indurre le persone, gli artigiani, i commercianti, le piccole e medie imprese non solo a restare ma a venire a vivere e/o operare nei piccoli centri con l’erogazione di adeguati incentivi, a partire dalla tassazione zero per chi in queste realtà intraprende un’attività economica ma anche per chi stabilmente vi risiede, con l’abolizione di qualsiasi imposizione fiscale comunale nell’erogazione dei servizi ed agevolazioni per l’acquisto o il fitto di case.

 

 

 

 

Domenico Leccese

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