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NUCLEARE, ACQUA CONTAMINATA SVERSATA NEL MAR JONIO: ITREC SOTTO SEQUESTRO

POTENZA. Per evitare che continui lo scarico nel mare Jonio di acqua contaminata proveniente dall’impianto nucleare Itrec di Rotondella, la

POTENZA. Per evitare che continui lo scarico nel mare Jonio di acqua contaminata proveniente dall’impianto nucleare Itrec di Rotondella, la Procura della Repubblica di Potenza ha disposto, in d’urgenza, il sequestro preventivo sequestro «sia delle vasche di raccolta delle acque di falda e della relativa condotta di scarico a mare del’impianto “Itrec”, impianto di trattamento e rifabbricazione elementi combustibili nucleari, di Rotondella, in provincia di Matera, gestito da “Sogin” spa, che, altresì, dell’adiacente impianto “ex Magnox” in area Enea».

I reati ipotizzati nell’inchiesta sono: inquinamento ambientale, falsità ideologica, smaltimento illecito di rifiuti e traffico illecito di rifiuti.

Sono almeno cinque le persone indagate: si tratterebbe dei referenti dei procedimenti di controllo e smaltimento delle acque. L’indagine è cominciata lo scorso anno da parte della Procura di Matera, che ha trasmesso, per competenza, i fascicoli alla Procura distrettuale del capoluogo lucano. Le sostanze chimiche scoperte dagli investigatori nella falda acquifera sono state utilizzate per il trattamento delle barre di uranio-torio.

Secondo la procedura tecnica le acque così contaminate dovevano essere trattate prima di venire smaltite. Secondo gli atti probatori, però, sono state invece sversate “tal quale” nel mar Jonio. In particolare «le acque contaminate, attraverso una condotta, partivano dal sito in questione e, dopo avere percorso alcuni chilometri, si immettevano direttamente nel mare Jonio». 

Impianto ITREC di Rotondella – Esterno

Come ha reso noto la Procura l’inchiesta ha preso il via a seguito «del grave stato di inquinamento ambientale causato da sostanze chimiche in cui versava, e versa, la falda acquifera sottostante il sito Enea-Sogin» caratterizzata, come si evince dalle molteplici note Arpab susseguitesi dal settembre 2017, da «contaminazione da Cromo VI e Tricloroetilene, sostanze pericolose e cancerogene». Che sono proprio le sostanze   utilizzate per il trattamento, cosiddetto riprocessamento, delle barre di uranio-torio collocate nel sito Itrect.  «Si accertava inoltre- proseguono gli inquirenti – una grave ed illecita attività di scarico a mare dell’acqua contaminata, che non veniva in alcun modo trattata». Il prowedimento cautelare è stato disposto in via d’urgenza stante la necessità di evitare, con tempestività, «il protrarsi dell’attività criminosa in atto e per impedire che la stessa fosse portata ad ulteriori ed ancora più gravi conseguenze, con un progressivo aumento del pericolo per la salute umana e per l’ntegrità dell’ambiente».

«Il sequestro preventivo – ha precisato il Procuratore distrettuale della Repubblica di Potenza-, non bloccherà in alcun modo le attività di decommissionamento del sito nucleare, che, pertanto. potranno e dovranno normalmente proseguire».

Lo smantellamento dell’Itrec “obbligherà” comunque «i responsabili dei siti – sotto la diretta vigilanza della Procura adella Repubblica di Potenza – ad adottare le indispensabili misure a tutela dell’ambiente e della salute pubbliche che fino ad oggi non erano state prese». Il sindaco di Rotondella, Vito Agresti, ha fatto un primo intervento con il quale ha voluto tranquillizzare in primis la popolazione locale.

«È necessario – ha dichiarato Agresti -, in questo momento delicato, essere attenti a non ingigantire la vicenda per non provocare irreversibili danni di immagine a un territorio con preminente vocazione turistica e agricola». «È auspicabile – ha concluso Agresti – che i tempi di accertamento siano brevi per quanto possibile. Il territorio ha interesse preminente a conoscere la verità, qualunque essa sia».

I vertici della Sogin dal canto loro hanno nell’immediato dichiarato che: «Non vi è alcun pericolo per i lavoratori, la popolazione e l’ambiente».

Le strutture sequestrate in gestione a Sogin sono utilizzate, secondo quanto previsto nel Rapporto finale di sicurezza della licenza di esercizio, «per emungere – hanno precisato i dirigenti Sogin -, convogliare e quindi scaricare l’acqua di falda soggiacente il sito per evitare che la stessa interferisca con le strutture dell’impianto».

Secondo i responsabili Sogin la società «ha costantemente manifestato la piena disponibilità ad adempiere a tutte le prescrizioni impartite dagli Enti competenti. Sogin, istituzionalmente impegnata nel garantire la sicurezza dei lavoratori, delle popolazioni e dell’ambiente».

DA SETTEMBRE IN POI L’INQUINAMENTO È SOLO CHE PEGGIORATO

ROTONDELLA. In riferimento all’impianto Enea di Rotondella, per esempio, nel 2010, il Maresciallo Mochitta, sentito dalla Commissione parlamentare,  sul coordinamento investigativo tra la procura di Reggio Calabria e quella di Matera ha riferito che: «La situazione era incresciosa, se pensiamo – queste sono le parole che sono state pronunciate allora – che il problema di Chernobyl è nato da mezza barra di uranio e che a Matera ve ne erano 64». Andando a ritroso Nicola Maria Pace, ex Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Trieste, sentita nel 2005 presso la Commissario bicamerale Ciclo rifiuti riferì «Parlo di iracheni in quanto avevo elementi acquisiti dalle indagini sul Trisaia di Rotondella, che verificavano il fattore di maggior rischio nel centro di Rotondella, ricollegato alla giacenza di rifiuti liquidi ad alta attività dentro contenitori «marci», che avevano già dato luogo a tre incidenti nucleari accertati. Si trattava di un impianto che per trent’anni era stato mascherato come centro di ricerca e su cui il presidente dell’Enea dovette ammettere una situazione di tipo «cimiteriale», con una pessima guardiania per i materiali depositati». Volendo procedere lungo le tracce sui fatti del sito di Rotondella, il percorso è pieno zeppo di documenti, relazioni, inchieste che dagli inizi degli anni 90’ in poi si sono susseguiti originando una mole esorbitante di un certo tipo di informazioni.

Tornando ai fatti di ieri e alle indagini della Procura di Potenza, il grande allarme relativo all’inquinamento del sito Itrec di Rotondella, dove è in corso l’attività di  decommissioning dell’Impianto, è stato lanciato già lo scorso settembre. Lo testimonia un documento redatto in quel mese dall’Arpab e inviato, tra gli altri destinatari, anche al comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente Nucleo Operativo Ecologico di Potenza.

La relazione dell’agenzia regionale riporta a chiare lettere di una significativa contaminazione, delle falde superficiali dell’area,  da alifati clorurati cancerogeni, in prevalenza Tricloroetilene, e da Cromo Esavalente.

Impianto ITREC di Rotondella – Telemanipolatori

«Gli esiti delle determinazioni analitiche – scriveva l’Arpab nella relazione – hanno evidenziato la presenza di superamenti delle Concentrazioni soglia di contaminazione (Csc) dei limiti normativi sia relativamente alla matrice acqua sotterranea che al suolo profondo e superficiale (top soil)».

«Si evince che l’acqua sotterranea del sito – si apprende dal documento -, oltre ad essere caratterizzata da una presenza diffusa di Manganese e da sporadici superamenti di Boro, Solfati e Nitriti, presenta una significativa contaminazione da Alifatici Clorurati Cancerogeni (in prevalenza Tricloroetilene) e da Cromo esavalente. In dettaglio, il Tricloroetilene presenta concentrazioni oltre i valori soglia in gran parte dell’area in esame, con valori massimi fino a quasi 500 volte oltre il limite normativo previsto».

«L’altro parametro che fa registrare una importante contaminazione della falda è il Cromo Esavalente … presente in concentrazione più che doppia al limite normativo».

«Appare evidente – appuntavano i tecnici Arpab – che questa preoccupante circostanza del superamento delle Csc per il Cromo esavalente rende necessario ed urgente predisporre una tempestiva una sicurezza operativa per le acque sotterranee al fine di scongiurare la migrazione del Cromo esavalente verso l’esterno del Sito». Per questo l’Agenzia regionale consigliava che fosse «quanto meno opportuno che l’esercente proceda con la realizzazione una barriera idraulica al valle del sito e conseguente avvio di un monitoraggio mensile delle acque di falda all’interno ed all’esterno della barriera, al fine di verificare l’andamento delle Csc per la matrice acqua sotterranea».

Da settembre del 2017 in poi la situazione non ha subito miglioramenti, anzi. La Sogin, tra l’altro, che ha preso parte a campionameni «in contraddittorio» con Arpab, sapeva che erano risultati  negli esami «di acqua sotterranea dai cinque pozzi di emungimento attivi, la contaminazione delle acque emunte dai pozzi e poi trasferite ai bacini di raccolta degli effluenti radioattivi per lo scarico a mare».

In una relazione di gennaio scorso si legge «Tale accertamento di presenza di contaminanti, cromo esavalente e trielina, in quattro dei cinque pozzi di drenaggio risulta preoccupante».

Questo e altro ancora ha portato al sequestro preventivo disposto dal Procuratore Curcio.

Tra i commenti più critici seguiti alla notizia dell’inchiesta c’è quello dell’ex parlamentare Cosimo Latronico (Noi con l’Italia).

«Il presidente della Regione Basilicata, Marcello Pittella – ha dichiarato Latronico -, deve immediatamente convocare le autorità preposte al monitoraggio ed al controllo ambientale, che sarebbero clamorosamente smentite dal rapporto dell’autorità giudiziaria, che sta provocando un allarme nazionale per l’impatto che le attività hanno su un distretto turistico di rilevanza nazionale».

«Tra le due l’una – ha proseguito l’ex parlamentare -: o le autorità pubbliche hanno omesso di svolgere il loro ruolo, ci riferiamo all’Apab, all’Ispra, Regione e Sogin etc, fornendo sistematica assicurazione sulla qualità delle acque e dell’ ambiente attorno al centro di Trisaia, oppure siamo di fronte ad un fronte di notizie il cui contenuto va subito chiarito».

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