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LEONARDA CIANCIULLI, LA TERRIBILE “SAPONIFICATRICE DI CORRREGGIO”

Di Leonardo Pisani Serial Killer, un lemma che fa pensare agli orrori di assassini e omicidi, efferati, seriali, senza una

Di Leonardo Pisani
Serial Killer, un lemma che fa pensare agli orrori di assassini e omicidi, efferati, seriali, senza una spiegazione se non la mente malata di un individuo. La parola ci fa però subito andare con un viaggio mentale al cinema, semmai dal celebre primo omicida seriale Jack lo Squartatore in una Londra Vittoriana al terribile cannibale Hannibal del “Silenzio degli innocenti”. Un termine che pensiamo lontano da noi, dalla nostra quotidianità. Eppure non è così, in Italia ce ne sono stati ed anche tanti. La Basilicata, indirettamente, ha avuto i suoi serial killer. Oltre al potentino di nascita Donato Bilancia, autore di diciassette omicidi accertati, in Lucania visse una serial killer, negli anni trenta del XX secolo. Anzi proprio in Basilicata ebbe una condanna dal tribunale di Potenza e il carcere a Lagonegro e Lauria. Condannata per altri vari reati, prima di diventare la “saponificatrice di Correggio”. Una storia raccapricciante che intreccia malattie mentali, infanzie difficili, istinti omicidi, modalità di assassinio inumane e anche stregoneria e superstizione. I cittadini di quel tranquillo paesino lucano si erano accorti che quella donna era particolare e pericolosa. Era sì sposata con uno di Lauria, ma se ne tenevano alla larga. Il presentimento di un’anima malvagia c’era. Quando invece viveva a Correggio, dove iniziò a uccidere, era considerata una donna generosa e altruista. Ora presentiamo chi era Leonarda Cianciuli passata alla storia come la saponificatrice di Correggio. 
Nata il 14 aprile 1894 a Montella, nella provincia di Avellino, da uno stupro, infatti, la madre Emilia Di Nolfi fu violentata da un allevatore di bestiame Mariano Cianciulli. Nata da una violenza, ben presto orfana per la morte del padre. La madre si risposa, Nardina – così è chiamata – passa un’infanzia infelice. La madre non ha affetto per quella bimba nata da una violenza. Così racconta Roberta Mercuri nel sito http://cinquantamila.corriere.it/: «Dal secondo matrimonio nascono altri figli e la bambina, brutta, debole e malaticcia, viene tenuta in disparte ed evitata perfino dai fratelli. Passa le sue giornate da sola, chiacchierando con amici immaginari, inventando recite in cui è l’unica attrice. Di notte viene spesso svegliata da tremendi incubi». A scuola invece riesce a legare con le compagne, nelle sue memorie scritte in carcere Confessioni di un’anima amareggiata, la futura serial killer scriveva: « Cercai due volte di impiccarmi; una volta arrivarono in tempo a salvarmi e l’altra si spezzò la fune. La mamma mi fece capire che le dispiaceva di rivedermi viva. Una volta ingoiai due stecche del suo busto, sempre con l’intenzione di morire e mangiai dei cocci di vetro: non accadde nulla. ». Ma molti storici e psichiatri mettono le dichiarazioni della Cianciulli sull’infanzia difficile. In ogni caso conosce un uomo Raffaele Pansardi,ed è ricambiata. E’ un forestiero, un lucano che vive a Montella in quanto impiegato al catasto. I due si amano e si sposano. La Cianciulli litiga con i familiari che volevano sposasse un cugino. La Cianciulli, nel suo memoriale, racconta di essere stata maledetta dalla madre alla vigilia delle nozze e d’aver perciò troncato ogni rapporto con lei: un fatto che segnò profondamente la personalità della futura assassina. E inizia anche la faccenda della stregoneria, prima la maledizione della madre, poi arriverà una masciara. La saponificatrice lo racconta evidenziarlo nelle sue memorie, i futuri omicidi saranno nel solco di un rituale di stregoneria, superstizione abbinata all’assassinio, camuffata da senso materno.
La coppia non vuole vivere più a Montella, ritornano nel paese di origine di Raffaele, a Lauria dal 1921 al 1927. Nardina non lega con nessuno nel paese lucano, anzi i laurioti la evitano, notano atteggiamenti strani in quella donna. Infatti, ben presto arrivano i problemi con la giustizia. Già condannata nel 1912 (per furto, quando aveva solo 18 anni) e 1919 (minaccia a mano armata di pugnale) a Montella, Nel 1927 viene condannata dal tribunale di Potenza. per truffa continuata a dieci mesi e quindici giorni di reclusione, scontati poi nelle carceri di Lauria e Lagonegro, e 350 lire di multa poiché aveva raggirato una contadina del posto dalla quale s’era fatta consegnare denari e oggetti di valore di diverse migliaia di lire; inutile fu il tentativo del suo avvocato difensore di farle riconoscere il beneficio del vizio parziale di mente.

La Cianciulli in carcere

La coppia decide di cambiare aria, va a Lacedonia ma dopo il terremoto del Vulture del 1930, decidono di emigrare in Emilia, a Correggio. In realtà anche a Lacedonia come a Lauria la Cianciulli era considerata una donna di dubbia moralità, violenta e truffatrice. A Correggio cerca di iniziare una nuova vita. Ha in mente sempre la maledizione della madre e la profezia di una zingara : « Ti mariterai, avrai figliolanza, ma tutti moriranno i figli tuoi. » . La predizione (sempre secondo il memoriale) fu veritiera: le sue prime 13 gravidanze finiscono con 3 aborti spontanei e 10 neonati morti nella culla. Poi arriva una “strega” che toglie il maleficio, quest’ossessione superstiziosa, condurrà agli omicidi. Ma a Correggio la Cianciulli era considerata una donna affabile, gentile, generosa nell’offrire biscotti. Madre esemplare: l’unica figlia femmina, Norma, frequenta ancora l’asilo delle suore; i due maschi più giovani, Bernardo e Biagio, sono rispettivamente militare di leva e studente ginnasiale, mentre Giuseppe, il più grande e il più amato, è iscritto a Lettere all’Università di Milano. Poi è una fervente fascista. Scoppia la guerra e Giuseppe corre il rischio di essere chiamato al fronte. Leonarda allora ricorre alla magia per salvare il figlio: urgono sacrifici umani..
Così si legge infatti nelle sue memorie: « Non potevo sopportare la perdita di un altro figlio. Quasi ogni notte sognavo le piccole bare bianche, inghiottite una dopo l’altra dalla terra nera… per questo ho studiato magia, ho letto i libri che parlano di chiromanzia, astronomia, scongiuri, fatture, spiritismo: volevo apprendere tutto sui sortilegi per riuscire a neutralizzarli.» A casa andavano spesso tre donne, spariranno, poi si scoprì l’orrenda sorte. Ermelinda Faustina Setti, Francesca Clementina Soavi e Virginia Cacioppo – nella foto in alto gli strumenti usati dalla Cianciulli per i suoi delitti e le foto delle vittime conservati al Museo criminologico di Roma- furono uccise, fatte bollire in un pentolone pieno di soda caustica portata a 300 gradi, poi fatte a saponette con l’allume di rocca e la pece greca, i resti buttati in un pozzo nero e il sangue conservato e mischiato a latte e cioccolato per farci biscotti. La Saponificatrice di Correggio fu condannata a condannata al ricovero per almeno tre anni in un manicomio criminale e a trent’anni di reclusione. In carcere preparava gustosi dolci, ma nessuna detenuta accettò mai di mangiarne… E’ morta nel manicomio di Pozzuoli, all’età di 77 anni, il 15 ottobre 1970.

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