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TOTALGATE: LE PRESCRIZIONI FALCIDIANO IL MAXI PROCESSO TRANNE LA VICENDA DEGLI ESPROPRI

Torna strettamente d’attualità, proprio nel periodo di campagna elettorale, la gag politica dell’aprile del 2016 che vide protagonista Matteo Renzi

Torna strettamente d’attualità, proprio nel periodo di campagna elettorale, la gag politica dell’aprile del 2016 che vide protagonista Matteo Renzi quando, solo pochi giorni dopo lo scoppio dello scandalo di “Tempa Rossa”, puntando il dito sulla magistratura potentina affermò che «le indagini dei pm di Potenza non arrivano mai a sentenza».
Lo stesso giorno, però, per pura coincidenza, un’importante sentenza dal capoluogo lucano, arrivò. Nell’ambito del processo Totalgate il Tribunale di Potenza ha condannato, in primo grado, 9 persone, imputate a vario titolo per turbativa d’asta, per l’esproprio dei terreni e i lavori di realizzazione del centro oli di “Tempa Rossa”. Le pene, nella circostanza, ammontavano complessivamente a 47 anni e sei mesi di reclusione. Tra gli allora condannati, vi erano anche figure apicali della multinazionale del petrolio, quali l’ex ad di Total Italia Lionel Lehva e l’ex manager della Total Jean Paul Juguet, condannati entrambi a 3 anni e sei mesi. La sentenza confermò pertanto la tesi accusatoria del processo istituito dall’ex pm di Potenza, Henry John Woodcock. Già allora, però, iniziarono a emergere valutazioni sul fatto che le prescrizioni avrebbero cancellato le condanne. Con la sentenza emessa ieri dalla Corte d’Appello di Potenza, del Totalgate non rimane in piedi che una piccola parte. Tutti i reati sono stati dichiarati prescritti.
Le uniche accuse ancora penalmente valide riguardano le vicende circa la concussione relativa agli espropri di fondi terrieri ricadenti nel territorio del Comune di Corleto Perticara che la Total voleva acquisire in ragione della realizzazione del Centro Oli. Fuoriescono da Totalgate tutti gli imputati condannati, per intervenuta prescrizione, tranne i due ex dirigenti locali della Total, Roberto Pasi e Roberto Francini, condannati a sette anni ciascuno, l’ingegnere, convenzionato con la Total, Roberto Gilberti e Michele Schiavello, allora responsabile dell’ufficio tecnico comunale di Corleto, che in primo grado hanno ricevuto la condanna a 5 anni di reclusione ciascuno.
Le parti offese della vicenda, risalente al 2008, sono, come accennato, due proprietari terrieri. Ai quali, secondo l’accusa, Pasi e Francini avevano offerto, per conto della Total, una cifra “bonaria” per metro quadrato fissata in un valore compreso tra i 6,50 e i 7,50 euro, entità ritenuta «di gran lunga inferiore al valore di mercato.
Ciò prima che Schiavello, stando all’accusa, in accordo con i due dirigenti locali della multinazionale, fisasse in 2 euro e 50 centesimi al metro quadro, l’indennità che il Comune sarebbe stato disposto a corrispondere per l’esprorio. Cifra ulteriormente «inferiore, a quella già bassa, bonariamente offerta dalla Total».
L’intento di Schiavello, pertanto, sarebbe stato quello di abusare dei suoi poteri per costringere i i due proprietari terrieri a cedere «i propri fondi alle condizioni “capestro” e assolutamente svantaggiose e “fuori mercato”, e come tali indebita, offerte dalla Total». In un caso ci sarebbe riuscito, secondo l’impianto accusatorio, nell’altro no, ma per fatti indipendenti dalla sua volontà.
Il ricorso di Pasi, Francini, Gilberti e Schiavello verrà discusso il 5 giugno prossimo. In quella data, la Corte d’Appello di Potenza emetterà la sentenza

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