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NUOVE PROVE NELLE “MANICHE” DEI PM

POTENZA. Al via, ieri presso il Tribunale di Potenza, il processo ribattezzato dalle cronache con il nome “Petrolgate”. Sono 57

POTENZA. Al via, ieri presso il Tribunale di Potenza, il processo ribattezzato dalle cronache con il nome “Petrolgate”. Sono 57 gli imputati, tra cui 47 persone e 10 società. Due, invece, le inchieste, coordinate dai pm di Potenza, Basentini e Triassi, confluite in un unico procedimento. Una ha riguardato il presunto traffico illecito di rifiuti dal Cova di Viggiano all’impianto Tecnoparco di Pisticci. Tale filone d’indagine ha portato gli inquirenti a formulare accuse anche nei confronti di cinque tra dirigenti e dipendenti, all’epoca dei fatti, dell’Eni. Sono Roberta Angelini, Vincenzo Lisandrelli, Antonio Cirelli, Luca Bagatti e Nicola Allegro. Con essi sono coinvolti anche gli ex responsabili del distretto meridionale dell’Eni, Ruggero Gheller ed Enrico Trovato, oltre che l’Eni stessa, la società Tecnoparco e il suo presidente, Nicola Savino. L’altra inchiesta ha riguardato i lavori di realizzazione del Centro oli della Total a Corleto Perticara, Tempa Rossa. Sono molti i nomi noti finiti sotto accusa. Tra questi, per esempio, ex e nuovi vertici dell’Agenzia per la protezione ambientale della Basilicata (Arpab), Aldo Schiassi, Raffaele Vita e Bruno Bove, alcuni ex dirigenti della Regione, l’ex sindaco di Corleto Perticara, Rosaria Vicino, e molti imprenditori locali. Nell’udienza di ieri sono state affrontate questioni prettamente tecniche e procedurali. La fase dibattimentale del processo verrà formalmente aperta il 22 gennaio. Alcune novità, però, sono già emerse. Alle già 278 parti civili ammesse in fase preliminare, altre circa 200 ne hanno fatto richiesta. Il numero rischia di salire ad un totale di circa 500. Un vero record per la Basilicata. Ma vi è di più. Perchè, da molti attesa, anche il ministero dell’Ambiente, tramite il suo legale, ha fatto istanza al collegio presieduto dal dottor Baglioni di presenziare a processo in qualità di parte lesa. Il prossimo 6 dicembbre i difensori degli imputati produrranno le loro eccezioni sulle nuove costituzioni di parte civile e su quelle già ammesse. Se il collegio giudicante non dovesse riuscire a sciogliere la riserva per quella data, già è stata calendarizzata ulteriore udienza per il 22 dicembre. Dopo di che, come detto, a gennaio comincerà il processo vero e proprio. Anche sul fronte dell’accusa i pm Basentini e Triassi stanno vagliando varie opzioni per introdurre elementi di novità. Ciò al fine di ampliare il quadro probatorio a sostegno delle loro tesi. Le imputazioni riguardano, a vario titolo, reati quali traffico illecito di rifiuti, corruzione, concussione e peculato. Quando sarà il momento dell’ammissione dei mezzi di prova, con la quale l’accusa intende provare la responsabilità penale degli imputati, i due pm del capoluogo potrebbero portarne di nuove. Tra queste la famigerata ricerca epidemiologica della Vis, redatta dall’equipe del Cnr guidata dal professor Bianchi. Emergono ipotesi di reato dalla relazione? Se gli inquirenti riterranno positiva la risposta, finirà nel processo anche la Vis. La quale è consistita in un indagine volta ad accertare connessioni tra la salute dei cittadini di Viggiano e Grumento e le attività estrattive del Cova. Anche la Procura ha il suo perito che sta svolgendo analoghi accertamenti. Diverso, però, è il campione di riferimento. In questo caso composto da 280 lavoratori che quotidianamente frequentano o hanno frequentato il Centro oli dell’Eni di Viggiano. Riguardo a tale fascicolo la Procura di Potenza ha recentemente modificato l’ipotesi di reato a carico dell’Eni, che è divenuta disastro ambientale. Vi è poi l’inchiesta sugli sversamenti di greggio emersi tra gennaio e febbraio scorso. A seguito dell’indagine l’Eni ha anche ammesso ulteriori perdite avvenute, a detta della multinazionale, tra agosto e novembre 2016 e quantificabili in 400 tonnellate di petrolio. Nell’ambito della ricerca del “dolo”, e quindi della colpa consapevole a carico della compagnia petrolifera, gli inquirenti stanno valutando la valenza probatoria di una lettera scritta dall’ingegnere Gianluca Griffa, tra gli ex responsabili dello stabilimento, risalente al 2013, hanno in cui Griffa morì suicida ,dalla quale emergerebbe che l’Eni fosse già da quell’anno al corrente di perdite dai serbatoi del Cova. Inoltre i pm Basentini e Triassi dovrebbero ricevere a giorni, dalla Procura di Asti, il fascicolo relativo al decesso dell’ingegnere. Per l’accusa riuscire a far confluire, in futuro, nel “Petrolgate”, un filone d’inchiesta relativo all’accusa di disastro ambientale avrebbe un duplice effetto: inasprimento delle eventuali pene e allungamento dei tempi di prescrizione.

DI FERMOL

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