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UNA STORIA SBAGLIATA, UNA STORIA INSABBIATA

di Leonardo Pisani   Comincio’ con la luna sul posto /e fini’ con un fiume d’inchiostro /e’ una storia un

di Leonardo Pisani

 

Comincio’ con la luna sul posto /e fini’ con un fiume d’inchiostro /e’ una storia un poco scontata /e’ una storia sbagliata… 

Storia diversa per gente normale /storia comune per gente speciale /cos’altro vi serve da queste vite /ora che il cielo al centro le ha colpite /ora che il cielo ai bordi le ha scolpite.

Quel poeta che si definiva artigiano della parola, nelle strofe di una straordinaria canzone riuscì a riassumere lo sgomento ed allo stesso tempo anche l’ipocrisia di una morale comune alla morte di Pier Paolo Pasolini.

«E’ una storia di periferia

e’ una storia da una botta e via

e’ una storia sconclusionata

una storia sbagliata».

Era il due novembre del 1975, quando un telegiornale lento, con mezzo busto e studio in bianco e nero diede l’annuncio della atroce morte di Pier Paolo Pasolini. Avevo poco più di 6 anni, ma quella notizia mi rimase impressa. Non ricordo per quali motivi ma Pasolini, seppur da poco alunno di prima elementare lo sentivo nominare. Sembra preistoria, anche la tv era la paleotelevisione alla Eco, due canali, i programmi iniziavano tardi e finivano presto e la sera si andava a letto con carosello.

Certo avrei dovuto aspettare anni per comprendere che non era un semplice omicidio di un personaggio famoso. In quelle parole scritte dal duo De Andrè ed un giovanissimo Massimo Bubola, vi è tutta l’amarezza di quel loro presente, ormai passato – la canzone è del 1980- ed anche una quasi profetica proiezione del futuro.

«E’ una storia da carabinieri /e’ una storia per parrucchieri /e’ una storia un po’ sputtanata / e’ una storia sbagliata».

Faber spiegò l’amarezza a Doriano Fasoli in “Passaggi di tempo nel 1999”: «Ecco, un altro aspetto tragico che abbiamo voluto sottolineare nella canzone per la morte di Pasolini è quello legato ad una moda purtroppo ancora adesso corrente, e che si ricollega anche lei al clima di ignoranza e di caccia al diverso. E cioè il fatto che della morte di un grande uomo di pensiero sia stata fatta praticamente carne di porco da sbattere sul banco di macelleria dei settimanali spazzatura e non solo di quelli. Il verso “È una storia per parrucchieri” vuol dire che è una storia che purtroppo la si leggeva allora e ogni tanto la si legge ancora oggi sulle riviste equivoche mentre si aspetta di farsi fare la barba oppure la permanente. Questo è un po’ in generale il senso della canzone». Già una storia di periferia da una “botta” e via… Il colpevole fu trovato immediatamente, un ragazzo di vita originario di Guidonia, dagli occhi larghi e languidi, tanto da essere chiamato “la rana”. Uno di quei tanti adolescenti da borgata, quel proletariato umano che P.P.P amava e descriveva. Piccoli furti, espedienti e prostituzione, così campava Giuseppe Pelosi detto “Pino er rana”. Pelosi all’epoca aveva diciassette anni, la sera era stato a cena con lo scrittore al Gambrinus vicino la stazione Termini

«Una spiaggia ai piedi del letto/stazione Termini ai piedi del cuore/una notte un po’ concitata/una notte sbagliata».

La stessa notte Pasolini fu barbaramente assassinato sul lido di Ostia, prima percosso e poi travolto dalla sua stessa auto sulla spiaggia dell’idroscalo. Il cadavere fu ritrovato da una donna alle 6 e 30 circa; sarà l’amico e suo attore preferito Ninetto Davoli a riconoscerlo. Del brutale omicidio fu incolpato il Pelosi da Guidonia, fermato la notte stessa alla guida dell’auto del Pasolini.

Pino Pelosi

La tragedia, secondo la sentenza – come racconta nella biografia di P.P.P Enzo Siciliano- fu dovuta ad una lite per «pretese sessuali di Pasolini alle quali Pelosi era riluttante, degenerata litigio fuori dalla vettura. Il giovane venne minacciato con un bastone del quale poi si impadronì per percuotere Pasolini fino a farlo stramazzare al suolo, gravemente ferito ma ancora vivo. Quindi Pelosi salì a bordo dell’auto dello scrittore e travolse più volte con le ruote il corpo, sfondandogli la cassa toracica e provocandone la morte». Gli abiti di Pelosi non mostrarono tracce di sangue come si legge nella sentenza della Cassazione. Pelosi fu condannato in primo grado per omicidio volontario in concorso con ignoti e il 4 dicembre del 1976 con la sentenza della Corte d’Appello, pur confermando la condanna dell’unico imputato, riformava parzialmente la sentenza di primo grado escludendo ogni riferimento al concorso di altre persone nell’omicidio, come ipotizzò Orina Fallaci. De Andrè e Bubola furono profetici nella strofa

«E’ una storia vestita di nero/e’ una storia da basso impero/e’ una storia mica male insabbiata/e’ una storia sbagliata».

Insabbiata, forse insabbiata male, ma alla fine chi ha ucciso Pasolini e perché. Forse la verità non si saprà mai.

Pelosi fu anche chiamato la “rana bugiarda”, si dichiarò colpevole, poi a distanza di trenta anni nel 2005 a sorpresa si dichiarò innocente in una intervista a Franca Leosini per “Ombre sul giallo”, programma di RaiTre. Per Pelosi furono tre uomini arrivati con una auto targata Catania a massacrare il regista scomodo. Gli avrebbero gridato “jarrusu ” ossia omosessuale in dialetto siciliano. Poi di nuovo Pelosi cambia versione e sarebbero stati due estremisti di destra ad uccidere lo scrittore “sporco comunista”.  Ma chi ha ucciso Pasolini? I familiari non hanno mai creduto che l’assassino fosse stato Pelosi. Le teorie ipotizzate sono state tante, dalla mafia alla Banda della Magliana. L’associazione malavitosa esce fuori perché in una della foto scattate all’idroscalo, c’è un ragazzo con capelli ricci. Qualcuno ipotizza che sia uno dei principali boss della banda, Maurizio Abbatino, detto”Er Crispino” il ricciolo. Ma all’epoca non esisteva ancora l’associazione criminale: Abbatino ed Enrico De Pedis incontrarono per caso nel 77 l’altro “fondatore” Franco Giuseppucci detto “Er fornaretto” dopo un casuale furto di armi di De Pedis, custodite “per conto terzi” nell’auto rubata al Giuseppucci. Altre teorie portano alla lotta di potere all’interno dell’Eni tra il primo presidente Enrico Mattei e il successore Eugenio Cefis. Pasolini si interessò a Cefis, prendendo spunto per uno dei due personaggi “chiave”, assieme a Mattei, di Petrolio, il romanzo-inchiesta (uscito postumo nel 1992) che stava scrivendo poco prima della morte. Insomma quel famoso capitolo scomparso nel romanzo e mai trovato. Ma con la morte di Pelosi avvenuta il 20 luglio scorso forse la verità non si saprà mai. “La rana” dopo aver cambiato diverse versioni, dalla sua autoaccusa alle diverse rivelazioni dove si professava innocente, era tra quelli che conosceva la verità. E’ andato via per un tumore, ne soffriva da tempo. Aveva detto che si era autoaccusato per paura di minacce rivolte alla sua famiglia.

In passato ha fatto nomi, poi si sono rivelate bufale.

Chissà, forse un giorno si saprà cosa successe in “quella storia sbagliata”.

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